L’altra notte ho scritto ad un amico lontano. Badate bene, in questo caso il concetto di lontananza l’intendo nella sua accezione metafisica, ossia umana, il contrario di ciò che dovrebbe essere un rapporto d’amicizia autentico, ovvero la vicinanza. Vero, le strade della vita tendono a dividerli, i nostri destini ma, il più delle volte, esse non sono che un pretesto per allontanarci da qualcuno che non consideriamo più affine. Già, l’affinità. Tra due amici, o due amiche, è quell’istinto primordiale che scatta sin dal primo istante, e che permette a due persone di scegliere liberamente di trascorrere buona parte del proprio tempo insieme. Principio non assimilabile ai surrogati dell’amore, in quanto scevro da qualsivoglia morbosità o attrazione nei confronti dell’altro, e perciò libero, leggero, sereno.
Dei nostri amici d’infanzia, quelli con cui abbiamo condiviso la nostra giovinezza, ognuno di noi custodisce segreti che, magari, agli occhi di oggi appaiono frivoli ma che, nonostante questo, manterranno sempre intatta quell’aura di sacralità per la quale la nostra memoria li rispolvererà solamente nelle occasioni (ahìnoi sempre più rare) in cui si torna a stare insieme, anche soltanto per il tempo fuggevole di una serata.
Gli anni passano inesorabilmente, e gl’impegni aumentano incontrovertibilmente: alcuni di noi diventano genitori ed altri no, qualcuno ha successo nella sua professione ed altri no, pochi testardi e fortunati riescono a realizzare i propri sogni ed altri no, ma in ogni caso quella cosa lì, l’amicizia, continua a guardarci in faccia per quelli che siamo, e non per ciò che siamo o non siamo diventati.
Fateci caso, quando capita d’incontrare uno dei nostri amici storici, magari dopo anni, a balzarci subito all’occhio non sono rughe o calvizie, ma sguardo e sorriso che, per noi, rimarranno gli stessi di sempre. Eppure, al giorno d’oggi viviamo il paradosso di un termine, l’amicizia, stuprato e svilito dalla voracità dei social networks, mondi paralleli nei quali è sufficiente un click, per definire amiche persone che nella migliore delle ipotesi non conosciamo e che, nella peggiore, addirittura abbiamo in odio. No, questa mia tutto vuol essere fuorché una delle tante filippiche anti-social scritte da chi, dei social, fa uso quotidiano. Nossignore. Quel che intendo dire, è che disprezzo l’amicizia di facciata, quella che viene sventolata come un vessillo quando potrebbe venir comoda salvo, poi, essere immediatamente ammainata quando il tornaconto, o presunto tale, viene a mancare. La disprezzo, proprio così.
L’amicizia si coltiva e si subisce, se necessario. Troppo facile catalogare tra gli amici quelli che si sperticano in complimenti ad ogni piè sospinto – salvo poi pugnalarti alle spalle – e mettere dalla parte dei nemici coloro i quali hanno il coraggio di spiattellarti in faccia le cose per quelle che sono, anche e soprattutto nei casi in cui ne hai una visione alterata, e quindi distorta.
A coloro i quali intendessero approfondire il tema, al fine di schiarirsi le idee, consiglio di cimentarsi nella pratica di una disciplina sportiva che produrrà benefici subitanei. Volete sapere di che si tratta? Okay, ve lo dico: il taglio dei rami secchi.
Alessandro Nardone
@alenardone