Da quando ho pubblicato Il Predestinato, che pure è un romanzo, ricevo quotidianamente messaggi di persone che, dopo averlo letto, mi domandano se la sorveglianza a cui veniamo sottoposti dall’NSA sia davvero così ferrea, o se sia stato io ad ingigantirne la portata in funzione della trama. Sono increduli. D’altra parte, quella emersa dalle rivelazioni di Edward Snowden, è una verità estrema a tal punto da confondersi con la fiction. Anzi, direi che ci va a braccetto, non a caso, degli accostamenti con quanto scrisse – nel ’48 – George Orwell nel suo 1984, abbiamo letteralmente perso il conto.
Una cosa è certa: chiunque realizzi di essere potenzialmente sotto controllo, viene inconsciamente pervaso da un’emozione che si rivela come un’arma forse ancor più potente delle intercettazioni stesse: la paura. Di essere spiati, puniti, di compromettere la propria reputazione.
Quando le persone sanno di essere controllate, tendono a mutare il proprio comportamento, nella stragrande maggioranza dei casi a tal punto da evitare perfino di esprimere la propria opinione in pubblico. Di fatto, limitare la privacy equivale ad una limitazione della libertà di scelta divenendo, di conseguenza, un vero e proprio moltiplicatore di ansia e stress, con il risultato di un notevole peggioramento della qualità di vita.
In fin dei conti la realtà è che se l’NSA decidesse di spiare uno di noi potrebbe tranquillamente farlo, ma non è detto che lo stia facendo perché neppure loro, con i mezzi che hanno a disposizione, potrebbero intercettare le conversazioni di tutti contemporaneamente. Lo strumento di potere sta nel creare la consapevolezza che ciò che diciamo o facciamo potrebbe essere intercettato spingendoci, così, ad assumere comportamenti quanto più uniformi ai dettami che vengono calati dall’alto.
Come riportato anche da Glenn Greenwald nel suo “Sotto controllo”, in “Sorvegliare e punire”, il filosofo francese Michel Focault spiega che una sorveglianza onnipresente porta le persone ad interiorizzare i propri sorveglianti, spingendole a seguire la strada tracciata in maniera pressoché automatica. Sempre secondo Focault, tale principio (vedi alla voce panoptismo) è tra i fondamentali di ogni Stato moderno.
Non è certamente un caso, infatti, se nel vocabolario di politica ed economia sono entrati di gran carriera termini come nudging (significato letterale “spinta gentile”) e anticipatory computing; ma di questo parleremo un’altra volta; adesso mi è venuta voglia di spegnere il computer e di andare a farmi una passeggiata all’aria aperta, nel “mondo reale”. Chissà perché…