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Laura Boldrini e la sua strana concezione di libertà e democrazia

Ah, la democrazia! Principio che, insieme a quello di libertà, Laura Boldrini enuncia a ogni piè sospinto, e ci mancherebbe. Peccato, però, che dimostri di possederne una concezione un tantino contorta dato che, quando non è impegnata a scrutinare le schede per l’elezione di un Presidente della Repubblica, il suo core business è principalmente quello di lanciare proposte come quelle di cancellare la scritta Mussolini- Dux dall’obelisco del Foro Italico, o di tutelare il genere femminile nientepopodimeno che riscrivendo la lingua italiana. Tutte attività perfettamente degne del Miniver, il Ministero della Verità che, nel capolavoro di Orwell, si occupava di riscrivere la storia sia ricorrendo alla damnatio-memoriae, che adattandone i contenuti (ovviamente riscritti) alla neolingua.

Moniti che Laura Boldrini può lanciare in quanto Presidente della Camera perché, molto semplicemente, in mancanza di quel pulpito privilegiato (e maledetto, a giudicare dalla fine dei suoi predecessori), delle sue opinioni nessuno di noi sarebbe mai venuto a conoscenza. Il paradosso di tutto questo, è che la carica in questione non è il frutto di un percorso democratico che ha visto la Signora Boldrini guadagnarsi i voti degli italiani in nome delle sue proposte, ma della volontà di Nichi Vendola. Proprio così, perché nel suo democraticissimo excursus politico, Laura Boldrini non ha mai preso un voto che fosse uno, ma è stata nominata deputato dal segretario di Sel e, successivamente, nominata Presidente della Camera da un consesso di nominati che, è giusto ricordarlo, sta per approvare un’altra legge elettorale – l’Italicum – che come il Porcellum si avvale del vergognoso sistema dei listini bloccati.

Ma tant’è, in Italia siamo abituati a democrazia e libertà a targhe alterne, all’ipocrisia cronica, all’incorenza assurta a valore, allo schienadrittismo di facciata praticato da chi in realtà vive a pecorina, ad un approccio apologetico nei confronti del voltagabbanismo d’antan, quello per il quale la politica in fin dei conti non è che “sangue e merda” e chissenefrega, se ad affogare in quella putrida poltiglia ci sono gli italiani.

L’obiettivo è sempre stato dividere gli italiani in tifoserie, richiudendoli nei perimetri delle rispettive curve al fine di tenerli occupati a scannarsi l’un l’altro perché, nel frattempo, i potenti potessero continuare a gestire il potere. No, magari non sarà questo l’intento di Laura Boldrini ma, quand’anche fosse in perfetta buona fede, uscite come quella di ieri si connotano palesemente come figlie di quel preciso retaggio culturale a senso drammaticamente unico (a sinistra) che vede come il fumo negli occhi qualsivoglia percorso di pacificazione nazionale finalizzato all’amalgama di una “Memoria condivisa”.

Chiudo tornando alla questione dell’Obelisco Mussolini citando una frase pronunciata dall’ex Ministro degli Iterni tedesco, il socialdemocratico Otto Schily che, in occasione del restauro dell’Olimpiastadion di Berlino, dichiarò: “Lo stadio richiama elementi oscuri presenti nella sua creazione, ma il Mondo vedrà la Germania moderna e democratica”.

La storia di un Paese non si fa cancellandone la storia, ma traendo insegnamento da essa.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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