di Alessandro Nardone – Sul fronte americano, l’uomo del giorno è certamente Mike Pence. Infatti, il governatore dell’Indiana e candidato vice di Trump, ha messo d’accordo analisti e addetti ai lavori sulla sua vittoria nel dibattito andato in scena martedì notte, nel quale ha nettamente prevalso sul running mate di Hillary Clinton, Tim Kaine.
Personalmente, ho avuto modo di conoscere Pence lo scorso 19 luglio a Cleveland, in occasione di un incontro a porte chiuse organizzato dall’American Conservative Union Foundation, una potente organizzazione di area repubblicana vicina alla NRA.
In quella circostanza riconobbi in Pence un politico dall’ottima capacità oratoria, capace di scaldare il cuore a una platea evidentemente poco entusiasta della nomination appena ottenuta da Donald Trump.
«Su internet troverete una mia vecchia immagine, in cui probabilmente avevo l’età che oggi ha mio figlio, che mi ritrae insieme al Presidente Reagan – esordì nel suo intervento – conoscevo Reagan, conosco l’uomo Trump e conosco il suo cuore. E fidatevi se vi dico che lui mi ricorda in tutto e per tutto Ronald Reagan».
Pence ha poi continuato definendo Trump «un costruttore e un combattente, un padre e un patriota. Sarà un grande presidente degli Stati Uniti d’America, perché il suo cuore batte con il cuore del popolo americano».
Nonostante la vicinanza all’acerrimo rivale Ted Cruz, Trump ha scelto Pence come suo compagno di ticket preferendolo al repubblicano di ferro Newt Gingrich, a detta di molti per compiere un ulteriore passo verso l’unità del partito, sfruttando la sua popolarità tra l’elettorato conservatore, soprattutto tra coloro che sostennero altri candidati durante la battaglia senza esclusione di colpi delle primarie repubblicane.
Paradossalmente, più che sul sostegno a Trump, i repubblicani sono uniti dall’avversione che nutrono nei confronti di Hillary Clinton: va da sé che, nell’immaginario conservatore, a maggior ragione dopo l’ottima performance di martedì notte, il candidato ideale sarebbe proprio Pence, e non la variabile impazzita Trump.
«Il suo nome dovrebbe stare nella parte superiore del ticket» ha dichiarato a Politico lo stratega della Pennsylvania Charlie Gerow, mentre secondo Michael Caputo, ex membro dello staff della campagna del magnate newyorkese «Trump dovrebbe farsi aiutare da Pence a prepararsi per prossimi due dibattiti con Hillary».
L’arrivo di Pence a Cleveland: