Poco più di sedici mesi ci dividono dall’election night più calda di sempre. Nulla di paragonabile al 2016, per tanti motivi. Donald Trump è sceso ufficialmente in campo la scorsa settimana, da Orlando, gridando “Keep America Great”. In casa democratica siamo al giro di boa dei primi dibattiti televisivi: due gruppi da dieci in due notti che ci sveleranno chi può realmente impensierire Joe Biden. Occorre fare una precisazione: nel lungo percorso che ci accompagnerà verso il 3 novembre 2020, non faremo sì che i sondaggi ci dicano tutto ciò che si deve sapere sulla notte più lunga del prossimo anno bisestile. Tutto questo ha un motivo? Sì. Solo nelle ultime ventiquattro ore due sondaggi hanno dato risultati completamente diversi nella sfida più probabile ma non certa, quella fra Trump e Biden. Senza dimenticare i bookmaker, i quali danno la vittoria dell’attuale presidente a due volte la posta giocata. Una sua sconfitta paga, invece, cinque volte la posta.
Se prevedere è impossibile – e questo non lo insegna solo il 2016 ma tante altre campagne elettorali in tutto il mondo – conoscere come i candidati costruiranno le loro chance di vittoria è necessario. Ed è proprio quello che faremo, insieme.
Non va dimenticato che la corsa per la Casa Bianca è solo la ciliegina sulla torta di una notte – e di una campagna elettorale – ancora più avvincente. Come ogni due anni sarà interamente rinnovata la Camera, mentre, a differenza del 2018, per il Senato, saranno i repubblicani a difendere un maggior numero di seggi rispetto ai colleghi democratici. Questo influirà sulla corsa per la presidenza? Assolutamente no. Nelle elezioni per i due rami del Parlamento, i cittadini guardano alla persona molto più di quanto lo facciano per la presidenza. A differenza di tanti altri sistemi elettorali, il nesso fra elettori ed eletti si manifesta nel collegio elettorale con maggiore forza.
Che esistano, invece, delle sfide avvincenti quasi quanto quella per l’inquilino della casa più famosa al mondo, appare veramente limpido. Si pensi a due sole sfide: Alabama e Arizona. Nello stato reso famoso dai Lynyrd Skynyrd, il democratico Doug Jones ha vinto nel 2017 solo grazie alla pessima performance di Roy Moore che, per inciso, ha da poco annunciato che intende correre per lo stesso seggio. In uno stato talmente conservatore da proibire l’aborto anche in caso di stupro o incesto, è anche possibile che, a distanza di trent’anni dall’ultima volta, i democratici riescano a vincere un seggio per il Senato. Per quanto riguarda il seggio del compianto John McCain, non sono escluse le sorprese. È doverosa una premessa: qualora i repubblicani dovessero perdere questo seggio, la colpa sarà ascrivibile esclusivamente al GOP.
I meriti degli avversari, in questo caso, contano ben poco. Il governatore dell’Arizona, Doug Ducey, ha cambiato due nominati in due anni. Da Jon Kyl a Martha McSally – attualmente in carica – capace di perdere, nelle ultime midterm, il seggio che fu di Jeff Flake, per mano di Kyrsten Sinema, la prima donna bisessuale a sedere nel Senato, per citare una delle tante prime volte che segnano la politica a stelle e strisce negli ultimi anni. La provocazione è presto servita: perché non nominare senatrice Cindy McCain, moglie del veterano John? Come direbbe qualcuno, ai posteri l’ardua sentenza. Non sempre la strada nuova premia ma, per fortuna, saremo attori non protagonisti anche di questo film.
Pochi giorni fa è stato il venticinquesimo anniversario di un film che ha riscritto la storia del cinema, Forrest Gump. In 142 minuti oltre trent’anni di storia americana si sono intrecciati, intrisi di scandali, sangue, morte, lotte, semplicità. Forrest Gump ci racconta il coraggio di provare. Il sogno americano è vivo in ogni frammento della pellicola. Lo stesso sogno che è proprio di ogni campagna presidenziale. Pochi anni dopo l’uscita del film, l’America scoprì “l’arma Forrest Gump”. Fu definita così da molti giornalisti e politologi.
L’arma riguardava, soprattutto, il modo di affrontare le competizioni elettorali; l’uomo qualunque contro quello del palazzo. Il cittadino contro il burocrate.
A distanza di venticinque anni, l’esempio appare più calzante che mai. Una cosa, però, appare chiara e attuale più che qualunque altro messaggio: non importa quanto siano grandi le diversità, il sogno americano è alla portata di tutti.