Un’autocensura a 140 caratteri, è stata. Un cortocircuito intermediale, quasi. Per la prima volta nella storia dell’editoria, un giornale di carta ha cambiato il titolo della propria prima pagina in seguito alle proteste dei lettori su Twitter. “Pioniere”, ancora una volta, è stato il New York Times. La notte tra il 6 e il 7 agosto scorsi il quotidiano americano pubblica sui social la front page della prima edizione, dedicata alle sparatorie avvenute, nel giro di 13 ore, in Texas e Ohio. L’attenzione è anche sul discorso che Donald Trump ha tenuto all’intera nazione in diretta tv. Il titolo scelto dai relatori del Times è piuttosto rassicurante: «Trump urges unity vs. racism» («Trump esorta all’unità contro il razzismo»).
Apriti cielo. Nel giro di poche ore in centinaia iniziano ad attaccare quella scelta di parole, definendola «da incubo». Il giornale, sostengono in molti, non ha tenuto conto delle polemiche seguite all’intervento del Presidente, accusato di non aver fatto autocritica sulla sua retorica anti-immigrati che, sempre secondo i detrattori, non farebbe altro che alimentare l’odio e la violenza americana. Tra i critici, anche i democratici Beto O’Rourke e Alexandra Ocasio-Cortez, ed esperti come Jerry Lanson, professore emerito di giornalismo all’Emerson College, secondo cui «titoli come questo ignorano il contesto delle condotte violente di Trump e lo rendono immediatamente “presidenziale”».
Tanto basta al giornale più prestigioso del mondo per fare marcia indietro e uscire in seconda edizione con un nuovo titolo. Non più Trump che esorta all’unità, ma Trump che «attacca l’odio ma non le armi» («Assailing Hate but Not Guns»).
Che cos’è successo nella notte in redazione? A dare una prima versione è un portavoce dello stesso NYT, secondo cui «il titolo non era buono ed è stato cambiato». A offrire una ricostruzione più approfondita è poi l’executive editor Dean–Baquet. «Quel titolo era troppo semplicistico. Non mostrava abbastanza scetticismo su Trump. Non si chiedeva, ad esempio, se Trump fosse la persona più qualificata a esortare la nazione all’unità…».
Matt Purdy, vicecaporedattore del quotidiano, aggiunge: «Dovevamo riassumere un discorso così complicato in pochissime parole, e purtroppo il nostro primo tentativo è andato male. Quando abbiamo ricevuto la mail con la prima pagina della prima edizione, abbiamo realizzato che quel titolo non era buono e abbiamo deciso di cambiarlo. È una pratica piuttosto frequente», assicura.
Certo, meno frequente è una protesta di massa online per un titolo. E ancora meno frequente che un media mainstream faccia una retromarcia così clamorosa. Lo slogan del Times, da sempre, è «All the news that’s fit to print». Considerata l’informazione in tempo reale e la reazione a quell’informazione (anche quella in tempo reale), lo slogan potrebbe cambiare in «All the news that’s fit to tweet».