Costituita nel 1908 come “prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere”, fin dagli inizi l’Olivetti si distingue per l’attenzione alla all’innovazione, alla cura del design e alla sensibilità verso gli aspetti sociali del lavoro.
Camillo Olivetti, padre di Adriano, nasce il 1868 a Ivrea: la madre benestante e il padre è un venditore di stoffe. Si diploma al liceo classico con ottimi voti, per poi iscriversi al Regio Museo Industriale di Torino e laurearsi in ingegneria elettrotecnica nel 1891. Per lavoro si trasferisce prima a Londra e, poi, negli Stati Uniti, dove conosce Edison. Tornato in Italia influenzato dallo spirito imprenditoriale d’Oltreoceano, nel 1896 fonda la ditta Olivetti, in un edificio di mattoni rossi ispirato alle fabbriche Usa.
Nel 1899 Camillo sposa Luisa Revel, dalla quale avrà sei figli. Il secondo genito è Adriano che si dimostra sin da subito molto simile al padre. Camillo, intanto, prova a trasferire la ditta a Milano, nel 1903, ma, dopo quattro anni, torna a Ivrea, con l’intenzione di costruire un oggetto visto negli Stati Uniti e che in Italia ancora non c’è: la macchina per scrivere.
Il primo problema è che molti componenti necessari, sono brevettati dalle aziende statunitensi Remington e Underwood e non sono replicabili. Camillo deve quindi riprogettare la macchina quasi da zero; ci riesce.
Consegna il primo prototipo all’ufficio brevetti nel febbraio 1902 e, dopo sei anni di perfezionamenti, il 29 ottobre 1908 fonda la società Ing. C. Olivetti & C., che produce la M1. Presta particolare attenzione all’aspetto estetico perché, dice: «Una macchina per scrivere non dev’essere un gingillo da salotto, con ornati di gusto discutibile, ma avere un aspetto serio ed elegante nello stesso tempo». Il risultato è una macchina qualitativamente superiore a quelle americane e di una bellezza senza tempo.
Nel 1913 la Olivetti produce 23 macchine alla settimana e gli operai aumentano. Tutto sembra andare per il meglio, finché non arriva la Grande Guerra. Per fare il proprio dovere di italiano, Camillo converte la fabbrica e le fa produrre componenti per aeroplani. Questa pausa momentanea dalla produzione di macchine per scrivere gli dà, però, il tempo di riflettere e riprogettare la M1.
Nel 1919 esce la M.20, che ha due novità: è più leggera e ha il carrello fisso, caratteristica innovativa che la contraddistingueva dalla concorrenza.
Nel frattempo, come ci si aspettava, Il figlio Adriano segue le orme del padre: studia progetti, meccanismi e soluzioni degli ingegneri americani ed entra in fabbrica nel 1926. Comincia a lavorare nella produzione, come semplice operai, ed è per questo che ha avuto, poi, sempre a cuore le condizioni dei suoi dipendenti.
Camillo Olivetti muore il 4 dicembre 1943, e la sua morte arriva nel periodo più drammatico per l’Italia: quello della guerra civile. Appena le acque si calmano Adriano riapre la fabbrica con l’intenzione non solo di proseguire il lavoro del padre, ma di renderlo eterno. Assieme all’ingegnere Capellaro crea la Divisumma, la prima calcolatrice elettromeccanica con saldo negativo, ma in grado di fare le divisioni automaticamente. È la più veloce del mondo.
Gli incassi della Olivetti quintuplicano e Adriano decide di investire molto nello sviluppo e nella ricerca, infatti, nel 1950 crea il suo grande “capolavoro”: la macchina da scrivere Lettera 22. Arriverà a venderne più di 200.000 l’anno. Intere generazioni di giornalisti la useranno, rendendola popolare nel mondo.
Adriano muore nel 1960 per una trombosi cerebrale. Solo tre anni dopo i suoi ingeneri produrranno la Programma 101, nota come P101, il primo calcolatore da scrivania, con stampante integrata. In pratica il primo PC della storia: una vera rivoluzione (di cui parleremo). All’apice del suo successo la Olivetti contava più di 75.000 dipendenti, esattamente quanti oggi ne ha Apple. Aveva stabilimenti in Germania, Brasile, USA, progettati da illustri architetti e designer, come il suo negozio di Venezia.
Vittorio Valletta, all’epoca amministratore delegato di FIAT, subentra in Olivetti alla morte di Adriano e la Fiat ne assunse il possesso, smembrandola. Dal 1978, poi, entra in scena Carlo De Benedetti che, sostanzialmente, la svende agli americani facendola definitivamente fallire. Anche questa, purtroppo, è una storia italiana che ancora oggi, spesso, si ripete.
CITAZIONI di Camillo Olivetti
“Ho cercato di portare avanti la missione per far finire il regno del denaro nella società industriale”
“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo”
“Chi opera secondo giustizia opera bene e apre la strada al progresso. Chi opera secondo carità segue l’impulso del cuore e fa altrettanto bene, ma non elimina le cause del male che trovano luogo nell’umana ingiustizia”