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POLITICA USA

“Torna a casa Beto”… caos democratico in Texas

«Beto, se stai ascoltando: vieni a casa. Abbandona la corsa a presidente e torna in Texas per candidarti come senatore. Le possibilità di vincere questa elezione sono incredibilmente basse. E il Texas ha bisogno di te». Con questa parole, lo Houston Chronicle, in un editoriale dello scorso mercoledì, ha chiesto all’ex deputato Beto O’Rourke di ritirarsi dalla corsa per la nomination democratica e di sfidare al Senato l’attuale senatore repubblicano John Cornyn.

L’ex rappresentante del 16° distretto alla Camera dei rappresentanti per il Texas, nel novembre del 2018, dopo aver vinto la nomination democratica, ha sfidato e quasi sottratto lo scranno di Ted Cruz. L’ex candidato presidente nel 2016 e attuale senatore, vinse quella corsa per solo duecentomila voti e Beto, forte del risultato, decise di scendere in campo in un terreno sconosciuto – quello della presidenza – con la nomea di “golden boy”.

I risultati, ad oggi, però, sono disastrosi. Nel primo giro di dibatti, Beto si è caratterizzato per essere stato riconosciuto da tutti come il peggiore, riuscendo a demolire quel tesoretto che aveva costruito nei primi mesi di campagna.

A oggi, anche dopo qualche segnale di ragionevolezza e qualche sondaggio positivo, il trend del texano non appare in ripresa. I maggiori istituti di sondaggistica accreditano O’Rourke intorno al 3%.

Nell’editoriale del Chronicle, viene chiesto a Beto di tornare a casa, perché, si legge: «il Texas ha davvero bisogno di quell’altra visione del mondo, di opinioni diverse». È dal 1993 che in Texas i democratici non siedono in Senato. Lloyd Bentsen vinse le elezioni nel 1988 contro il repubblicano Beau Boulter, dimettendosi prima della fine del mandato e dopo aver perso la corsa per la Casa Bianca in coppia con Michael Dukakis nello stesso anno, per mano di Bush sr. Al suo posto fu nominato Bob Krueger che, nel 1993, perse le elezioni speciali per il seggio contro l’attuale rappresentante permanente degli Stati Uniti presso la NATO e senatrice fino al 2013, Kay Bailey Hutchison.

Beto, a seguito delle insistenti domande dei giornalisti su una sua possibile discesa in campo per lo scranno di Cornyn, ha stroncato sul nascere la notizia affermando che “in nessun caso” si candiderà al Senato. «Sto correndo per (il ruolo di) presidente.  Sto correndo per questo Paese. Sto portando la questa lotta direttamente contro Donald Trump e questo è ciò su cui mi concentrando esclusivamente in questo momento». A fargli eco, il suo collega texano Julián Castro, il quale ha tagliato le voci su una sua possibile discesa in campo per il medesimo seggio senatoriale.

Se la corsa per la nomination democratica appare saldamente nella mani di Joe Biden, con altri tre candidati alle spalle pronti ad approfittarne – e la corsa per la presidenza altrettanto appassionante – appare maggiormente limpido che, qualora Beto dovesse decidere di scendere in campo per il seggio in Texas, la corsa diventerebbe estremamente noiosa e con un finale già scritto. È vero, la geografia politica del Texas sta cambiando ma è ancora presto affinché lo stato possa essere considerato “swing”. I democratici potrebbero fare un ulteriore passo avanti e, forse, nel 2024 si potrebbero vedere i primi veri segnali di cedimento in casa repubblicana, senza dimenticare che nei peggiori incubi dei membri del GOP esiste la possibilità di vedere la presidenza in mano democratica per oltre trenta anni. Provate ad immaginare la California e il Texas colorati di blu, 93 electoral votes che si polarizzano, consegnando una egemonia quasi imperiale ai democratici.

Tuttavia, se parlare di fantapolitica è lecito, parlare di politica è necessario. Beto, qualora dovesse candidarsi al Senato e dovesse sfidare John Cornyn, perderebbe amaramente.

Nel 2018, molti fattori hanno aiutato l’ex deputato: la giovane età, la campagna elettorale fra la gente, il suo modo di rivolgersi all’elettorato – anche quello repubblicano moderato – l’aiuto di personaggi famosi (ricordate Beyonce con il cappellino con la scritta “BETO”?), l’effetto sorpresa, i continui e stremanti attacchi ad un Ted Cruz uscito distrutto dalla campagna presidenziale, uno staff all’altezza di una campagna per il Senato, l’endorsement dei maggiori esponenti del suo partito, i voti delle minoranze. Tutti questi fattori hanno portato ad una macchina quasi perfetta, che ha raccolto oltre quattro milioni di voti e impensierito i repubblicani in una roccaforte che nessuno avrebbe mai ipotizzato potesse essere quasi rovesciata, tanto da farci parlare di fantapolitica oggi.

Eppure, numeri alla mano – perché in politica contano solo quelli – O’Rourke ha perso. Tutto quello che ha costruito per una campagna elettorale straordinaria non è servito a nulla. La gloria è transitoria, a volte vana, ti risucchia in un vortice che, prima o poi, conduce alla mediocrità. Ed è un fatto importante e comunemente noto che, anche gli spiriti eletti provano attrazione per la mediocrità. La verità è che da possibile “golden boy” Beto potrebbe diventare un perdente di lusso.

Dunque, Beto, se stai ascoltando: “torna a casa”. Abbandona la corsa a presidente e torna in Texas e cerca di riconquistare il tuo distretto, perché raccontare un giorno di quando stavi per diventare senatore, non è come raccontare di quando lo sei diventato.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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