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11 settembre

Il brusco risveglio dell’Occidente

Ebbene sì, ieri tutto il mondo occidentale si è dovuto bruscamente svegliare da quel torpore da cui era avvolto da anni. È bastata mezz’ora per dissolvere quella sorta di alone di intoccabilità e di invincibilità che ci aveva sempre fatto credere che nulla e nessuno avrebbe mai avuto il coraggio e, soprattutto,  la forza di colpire in questo modo, di mettere in ginocchio la prima potenza mondiale in barba alle sciorinate misure di sicurezza e sotto il naso di un’intelligence governativa che ha dovuto assistere impotente a quanto stava accadendo. Abbiamo dovuto assistere a scene apocalittiche che hanno rimandato la nostra memoria a spezzoni di film o a righe di libri che, in qualche maniera, hanno sempre giocato sulla grande tragedia, magari fornendo anche qualche spunto agli attentatori.

Ma questa volta, purtroppo, non si tratta di finzione, l’undici settembre 2001 è un giorno che è già entrato di prepotenza nella storia come quello del primo vero attacco del mondo islamico a quello occidentale, come il giorno che è destinato a sconvolgere il panorama politico internazionale ed i destini di tutti noi.

Ora siamo tutti in stato di massima allerta, ci sentiamo in qualche maniera braccati perché non conosciamo il nostro nemico e, proprio per questo, non siamo in grado ne di colpirlo e, tanto meno, di prevederne le mosse successive; quello che è certo è che, fino ad ora, non è stata data la giusta importanza ad un fenomeno, l’integralismo islamico, che è, senza dubbio alcuno, la più grande minaccia alla pace ed alla democrazia mondiale.

I leader della comunità dei Talebani (i capi del governo Afgano), che da anni offrono la loro copertura al più pericoloso “capo spirituale” del terrorismo islamico, e ai suoi centri di addestramento per terroristi, Osama Bin Laden, si sono affrettati a dichiarare che nulla hanno a che fare con quanto accaduto ieri, ma proprio Bin Laden, non meno di tre settimane fa, aveva annunciato un attacco senza precedenti all’America. E mentre Saddam Hussein, nemico storico degli Stati Uniti,  si dichiarava contento di quanto stesse accadendo negli States, Arafat (che ha condannato l’episodio) ha dovuto fare i conti con la sua popolazione che era scesa in piazza a festeggiare come una vera e propria vittoria la tragedia americana. E in mezzo al confuso scenario medio orientale c’è Israele: il Premier Sharon ora teme più di ogni altro per il suo Paese, visto che quanto accaduto nelle scorse ore non fa che acuire i toni drammatici di una situazione che rischia di esplodere definitivamente da un momento all’altro.

E poi ci siamo noi, l’Europa, il Vecchio Continente, direttamente chiamata in causa da questa situazione sconvolgente, e che dovrà giocare il ruolo di primo alleato degli Stati Uniti.

Oggi non sappiamo quello che ci aspetta, ora ci sono sicuramente molte meno certezze rispetto all’immediato passato,  l’unica cosa di cui ci siamo dovuti rendere conto è che ci troviamo, nostro malgrado, di fronte a una minaccia globale resa ancora più inquietante dal fatto che si stata lanciata da un nemico che sta combattendo una guerra che va al di fuori degli schemi convenzionali e che, per questo, ha colto tutti impreparati.

dal Secolo d’Italia del 14 settembre 2001
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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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