Chiariamo subito un concetto: trovo inaccettabile il principio secondo cui chi non incensa Greta Thunberg si autocondanni a stare dalla parte dei cattivi. È la quintessenza del pensiero unico, che consiste nel categorizzare negativamente ogni opinione che non combaci perfettamente col messaggio propagato dal mainstream. Credo di interpretare il pensiero di molti affermando che non sono “contro” Greta ma che, piuttosto, la sua storia non suscita in me alcun interesse.
Eppure gli ingredienti ci sarebbero tutti: una bambina che protesta per una causa universalmente riconosciuta come giusta, le centinaia di migliaia di giovani nelle piazze, i potenti del mondo al suo cospetto e una sindrome su cui volutamente sorvolerò in quanto ritengo parimenti meschino l’utilizzo sia in chiave buonista per compatirla, sia come sberleffo per denigrarla.
I motivi della mia freddezza sono essenzialmente due: il conformismo di cui parlavo all’inizio e alcuni elementi che evidenziano come il fenomeno di Greta sia stato se non costruito, quantomeno indotto e poi, con il passare dei mesi, gestito riducendolo alla classica campagna di facciata a cui molti giovani (fortunatamente non tutti) partecipano perché “fa figo”, che viene ripresa dalle aziende per motivi di marketing e da molti politici per rilanciare promesse destinate a rimanere tali.
Partiamo dalle immagini di ieri, quelle che riprendono lo sguardo di Greta sullo sfondo dell’arrivo di Trump: su tutti i media troverete questo frame, in cui lo sguardo della giovane ragazza svedese sembra contrapporsi a un atteggiamento spavaldo del presidente USA:
Praticamente nessuno, però, ha ripreso il video completo della scena, peraltro ripreso da un’inquadratura più larga e pubblicato da VOA News:
Come avete visto, Greta cercava un posto in cui poter stare, proprio nello stesso luogo e nel preciso istante in cui stava arrivando Trump. Che si tratti di una pura casualità o della ricerca dell’ennesima immagine iconica da mettere in bacheca nessuno puo’ dirlo, fatto sta che da una scena tutto sommato normale (Trump sembra non essersi nemmeno accorto della presenza dell’attivista svedese) la stampa mainstream abbia estrapolato i fotogrammi funzionali alla narrazione che ci propinano da mesi, ovvero di Greta che sfida Trump, il cattivo per antonomasia.
Speculari a quelle che circolano oggi sono invece le immagini che ritraggono Greta con il buono per eccellenza, ovvero l’ex presidente americano Barack Obama. In rete troverete tweet e relativo retweet di un’elegante foto in bianco e nero che ritrae i due, e il video di un secondo incontro avvenuto qualche giorno fa, durante il quale Obama fa come al solito sfoggio di frasi retoriche come «noi due siamo una squadra» e Greta che gli risparmia critiche per il suo operato perché «qui sono tutti gentili.»
Yes we can, Greta. I’m hopeful because of you and all the young people who are fighting to protect the planet. Keep at it. https://t.co/sUBwC0uNW8
— Barack Obama (@BarackObama) June 16, 2019
Tutto così tremendamente bello, giusto e politicamente corretto; e chissenefrega, poi, se il buono Obama da presidente bombardò 7 paesi e il cattivo Trump ancora nessuno; massì, che vuoi che sia se i paesi che inquinano di più non vengono mai citati da chi protesta e se i politici “green” continuano a girare intorno al problema guardandosi bene dal toccare gli interessi delle multinazionali adottando misure di facciata come vietare cannucce e piatti di plastica ma non le bottiglie, che rappresentano uno tra gli elementi più inquinanti in assoluto anche per produzione (solo in Italia circa 8 miliardi di bottiglie all’anno e 53milioni di C02) e trasporto (altri 300milioni di C02).
La verità è che una verità assoluta in questi casi non esiste e che, al netto della grande maleducazione che ci contraddistingue in quanto esseri umani solitamente usi a sporcare e deturpare l’ambiente circostante, anche un gesto ammirevole come l’impegno di una giovane ragazza come Greta finisca non con l’essere effettivamente utilizzato per combattere l’inquinamento ma, piuttosto, strumentalizzato contro qualcosa o qualcuno. Peccato.