Tre piazze profondamente diverse quelle di Roma, Londra e Barcellona, per alcuni aspetti perfino opposte, eppure unite da un minimo comune denominatore non da poco: la richiesta di restituire la parola al popolo. Il vento della crisi soffia ormai a più non posso sulle democrazie del Vecchio Continente, che si stanno sgretolando una dopo l’altra a causa della loro manifesta nonché vetusta vocazione a un elitarismo che fa a pugni con il principio di orizzontalità introdotto dall’avvento del Web.
La gente puo’ scegliere tutto, tranne da chi farsi governare. Un paradosso destinato a essere superato, si spera, da forme di democrazia effettivamente diretta e partecipativa, che potrebbero essere uno dei primi prodotti della rivoluzione digitale dopo l’overdose di connessione di questo primo ventennio internettiano che, come prevendono molti, nel medio periodo è destinato a “rinculare” per poi riassestarsi fisologicamente su una dimensione più consapevole e, di conseguenza, con un approccio decisamente meno patologico rispetto a quello attuale.
Piaccia o meno, anche le classi politiche più affezionate alla propria architettura istituzionale dovranno prendere atto del mutamento che la Rete ha portato alla forma mentis di miliardi di persone in tutto il mondo, le cui menti sono sempre più sollecitate a prendere decisioni più volte al giorno, centianaia di volte al mese, migliaia ogni anno.
Rispetto ai nostri genitori riceviamo infiniti input in più e, anche se la giornata è rimasta di 24 ore, siamo settati per fare sempre più cose; ergo, tra non molto, la quasi totalità dei popoli, indipendentemente da come la pensi dal punto di vista politico, si vedrà unita nel voler scegliere direttamente da chi farsi governare e nell’incidere se non orientare, anche attraverso forme referendarie non di facciata, le decisioni più importanti per il proprio futuro.
Chi comprenderà per primo questo bisogno e lo farà proprio giocherà un ruolo da protagonista sulla scena politica internazionale, dalla quale ben presto chiunque dimostrerà di avere il deretano incollato alla poltrona dello status quo sarà spazzato via. Voler scegliere non è populismo, ma democrazia.