Con l’avvento della digitalizzazione oggi e della robotica, nei prossimi anni, molto probabilmente si perderanno ben 500.000 posti nel settore della logistica. L’allarme arriva da Randstad Research che, nel suo rapporto “Le nuove sfide per il futuro del lavoro nella logistica”, spiega le evoluzioni da qui fino al 2027.
I primi a essere sostituiti dalle macchine saranno gli operai, soprattutto i carrellisti, poi gli impiegati che lavorano in ufficio. Se, per alcune aziende, la digitalizzazione è ancora da consolidare, in altre (soprattutto nelle multinazionali) l’automazione e l’uso dell’intelligenza artificiale è già una realtà.
Il quadro delineato, però, non raffigura solo a tinte fosche. Se è vero, infatti, che i robot toglieranno lavoro agli esseri umani, è altrettanto certo che, con un’adeguata formazione e guardando con interesse al nuovo, si potranno affrontare meglio le sfide del domani. Ciò vale sia per i lavoratori che per le imprese.
LA LOGISTICA IN ITALIA
Nel nostro Paese, a oggi, il settore conta complessivamente 2,5 milioni di addetti nei diversi comparti aziendali e continua a crescere dal punto di vista occupazionale: dal 2014 al 2018 il numero degli addetti è cresciuto del +4,9%, rispetto ad una media italiana nello stesso periodo.
Sia nel nostro Paese che nel resto del mondo, la logistica ha invaso molti settori produttivi come il commercio, la ristorazione, le costruzioni. Più che effetto di una ripresa, questi numeri rappresentano l’aumentano del traffico di merci.
Dei 2,5 milioni di lavoratori indicati, 1,085 milioni sono occupati nella logistica come servizio, mentre 800 mila sono gli addetti alla “supply chain” logistica dell’industria. Quanto alle mansioni, un quinto degli addetti svolge un’attività trasversale, cioè necessaria e complementare a una professione come l’informatico o il management; la parte rimanente ha una funzione prettamente logistica, come l’imballatore o il carrellista. La prima categoria riguarda operai (51%), seguita dagli impiegati (29%), middle e top manager (9%), addetti nei servizi (8%) e… robot (2%), considerati già come una classe di “forza lavoro”.
FRA PERDITE E OPPORTUNITA’
Con lo sviluppo della digitalizzazione, però, molti lavoratori rischiano di essere rimpiazzati da questi robot o dai software di gestione. Le automazioni infatti riescono a coprire sostanzialmente tutte le fasi della catena di distribuzione di merci: dallo smistamento dei materiali, alla verifica delle scorte e, con l’utilizzo di droni, anche della spedizione.
«Stimiamo 500mila posti di lavoro a forte rischio da qui al 2027», ha detto Daniele Fano, Coordinatore del Comitato Scientifico di Randstad Research.
Nonostante i robot siano destinati a crescere sia per quantità che per qualità di operazioni, nei magazzini ci sarà comunque bisogno di figure in carne ed ossa, però con nuove capacità e nuove mansioni. Fra le competenze che saranno richieste nel futuro c’è – ovviamente – l’informatica (che, nel suo elenco, di “sfide” Randstad ha suggerito come materia scolastica già a partire dalle elementari), inserendo gradualmente elementi di coding.
Poi, al di là del proprio percorso di studi, è opportuno che le nuove classi lavoratrici siano aperte all’innovazione, cogliendone anche gli aspetti industriali. I professionisti del futuro dovranno essere altamente formati e in continuo aggiornamento. Insomma, un’insieme ibrido di competenze in cui la tradizione non va lasciata da parte.
LE SFIDE DELLA LOGISTICA DEL DOMANI
«Per stare al passo con i tempi occorre il coraggio di investire in processi e risorse umane capaci di creare valore, di cogliere le opportunità dei nuovi trend e di superare i lati più oscuri del settore. Occorre un impegno forte su formazione, organizzazione e management. – ha affermato Fano – Se i lavoratori dovranno innovare le proprie capacità, gli imprenditori e i dirigenti dovranno essere abili nel valorizzarle. Innanzitutto, adottando modelli organizzativi che incoraggino lo scambio di idee e la collaborazione».
Per sua natura la logistica è un settore articolato che abbraccia tutte le attività, dal produttore al consumatore. Per questo, Randstad ha suggerito il modello della filiera, dove prevale il senso dell’unione. Oltre che per il lavoro, questo sistema può essere utile anche per migliore l’attrazione del settore sul mercato e stimolare l’interesse dei giovani.