Ci sono cose che sembra avvengano per un motivo ben preciso, come quella che sto per raccontarvi. Molti di voi avranno certamente letto delle polemiche scaturite dalla decisione del Comune di Verona di assegnare la cittadinanza onoraria a Liliana Segre e, contestualmente, d’intitolare una via a Giorgio Almirante.
È stata la stessa senatrice a vita a condannare l’intitolazione di un luogo pubblico all’ex leader missino perché, a suo dire, le due scelte «sono di fatto incompatibili, per storia, per etica e per logica. La città di Verona, democraticamente, faccia una scelta e decida ciò che vuole, ma non può fare due scelte che sono antitetiche l’una all’altra.»
Questa la cronaca, a cui è seguito il solito fiume di polemiche a cui, per scelta, abbiamo preferito non dare spazio sul nostro giornale. Poi, oggi, in redazione riceviamo la telefonata di un illustrissimo collega che rivolgendosi al nostro direttore, Guido Giraudo, gli domanda secco: «ma tu nel 1979 eri candidato alla Camera insieme al marito della Segre?» Tra noi calarono silenzio e incredulità, ma chi stava dall’altra parte era troppo autorevole, quindi non fummo nemmeno sfiorati dall’idea di una boutade.
Infatti. «Sì, nel ’79 mi presentai nel Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale nella circoscrizione Milano-Pavia, ma non ricordo tutti gli altri nomi in lista.» Ricerche online, decine di telefonate, tra cui una al ministero dell’Interno. La verifica in casi come questi è fondamentale. Il nome, come potete vedere voi stessi a questo link, in lista c’era, questo è certo: Alfredo Belli Paci.
Ora, però, mancando il riscontro di data e luogo di nascita, rimane aperta la possibilità, sia pur minima, che si tratti di un caso di omonimia, è bene rimarcarlo a chiare lettere.
Però, se così non fosse, trovo che si tratterebbe di una delle tante splendide sfumature di un amore immenso. Lo scrivo avvertendo la grande responsabilità di toccare i sentimenti della signora Liliana e dei loro figli, ed essendo intimamente convinto che l’immagine che verrebbe fuori da una notizia del genere – se definitivamente confermata – sarebbe quella di una bellissima famiglia italiana composta da persone che si amano pur avendo idee differenti.
Trasposizione di quello che, una volta per tutte, dovremmo cominciare a essere noi come popolo figlio di una memoria comune che partendo dal rispetto delle storie che lo compongono cominci, finalmente, a guardare nella stessa direzione anziché guardarsi in cagnesco. Sì, perché siamo tutti figli di padri e madri e nipoti di nonne e nonni che questo Paese lo hanno costruito pezzo per pezzo, anche sapendo superare tragedie colossali, mettendosele alle spalle e guardando oltre, per il bene comune.
In questo senso, la senatrice a vita mi perdonerà se mi permetto di dissentire dal suo punto di vista, ma ritengo che lei e Giorgio Almirante rappresentino benissimo “le Italie” di cui – ci piaccia o no – siamo tutti figli, nipoti e ormai anche pronipoti, Italie che possono e devono tornare a essere una sola soltanto grazie a gesti concreti. Mi viene in mente l’inchino di Almirante dinnanzi al feretro di Berlinguer, così come, molto romanticamente, cerco di immaginarmi Liliana e Alfredo seduti a tavola che discutono di politica. Dissentendo, ma non per questo mettendo in discussione il loro amore.