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Politica

Ciao 5 Stelle, il bipolarismo è tornato

Una valenza nazionale ce l’hanno eccome le elezioni regionali che si sono consumate ieri in Emilia Romagna e Calabria, dalle quali a nostro avviso spicca anzitutto il dato che abbiamo voluto sintetizzare nell’immagine di apertura: il DissolVimento dei 5 Stelle e la conseguente rinascita del bipolarismo. A ruota, ovviamente, il paradosso degli umori contrastanti dei leader dei due principali partiti che la dice lunga sul clima che si respira da una parte e dall’altra: Salvini deluso pur avendo guadagnato una regione, Zingaretti raggiante pur avendone persa una.

M5S: Di Maio in peggio

Bastava leggere gli ultimi editoriali di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano (arrivato a sostenere il voto disgiunto a favore dei candidati del PD, salvo poi dover fare dietro front sulla Calabria, ove non è contemplato, ndr) per avere non dico la certezza, ma quasi, che nel moribondo Movimento co-fondato da Grillo e Casaleggio aspettassero questa tornata elettorale con lo stesso entusiasmo di un condannato che si avvia dinnanzi al plotone di esecuzione. Altro che “ago della bilancia”: in poco meno di due anni i grillini sono riusciti a farsi vampirizzare da Salvini e financo da Zingaretti, scivolando dalla prima alla quarta o quinta posizione nella classifica dei partiti. Un tracollo inevitabile, per chi nasce con l’obiettivo di spazzare via i partiti e, una volta presi i voti, si allea prima con la Lega e poi con il PD, per giunta facendosi letteralmente perculare da entrambi su più e più fronti. Ora, per quanto la memoria di noi italiani sia notoriamente corta, credo che sarà veramente dura tentare di rifarsi una verginità dopo averla persa proprio con i nemici giurati dei bei tempi che furono.

Mezzo destro, mezzo sinistro

Certo, che Salvini ci sperasse è dir poco: ormai lui e i suoi erano convinti di essere riusciti a strappare l’Emilia Romagna alla sinistra, lo dimostra la delusione che aveva stampata in volto verso mezzanotte, quando per primo ha affrontato le telecamere. D’altronde il nostro Direttore scrisse addirittura uno speciale di 4 puntate sul perché dell’inespugnabilità di quella meravigliosa regione, che è epicentro di un consenso “sistemico” e per questo assai radicato, motivo per cui, già essere arrivati a giocarsela ad armi pari è di per sé un fatto storico per il centrodestra, che comunque vincendo in Calabria con Jole Santelli guadagna una regione sul centrosinistra. I rispettivi stati d’animo sia dei leader, che di molti analisti seduti negli studi televisivi sono esplicativi dell’attuale centralità del capo della Lega: lui deluso perché si aspettava di vincere perfino laddove fino a prima non c’era mai stata storia, i suoi avversari raggianti per aver «sconfitto Salvini» nella loro roccaforte. Volendo usare una metafora calcistica, “il Capitano” e il centrodestra sono ormai la Juventus della politica italiana, ovvero la squadra da battere.

Si faccia il maggioritario e si torni a votare

Elementi, quelli affrontati sinora, che disegnano i contorni di un ritrovato bipolarismo che, a differenza di quanto sostengono molti, potrebbe presto trasformarsi nella fine di questa tormentata legislatura. A conti fatti, tanto la Lega e Fratelli d’Italia quanto il PD avrebbero solo da guadagnare da un ritorno alle urne, magari dopo aver approvato una legge elettorale finalmente maggioritaria e dotata di uno sbarramento che consenta loro di poter fare a meno dei rispettivi “cespugli” (vedi alla voce Matteo Renzi, giusto per fare un nome). Inutile dire che uno schema del genere consegnerebbe, con ogni probabilità, quel che rimane del Movimento 5 Stelle a un ruolo del tutto ininfluente, motivo per cui gli orfani di Di Maio tenteranno in tutti i modi di rimanere attaccati a quelle stesse poltrone che una volta dicevano di detestare.

Dalla scatoletta di tonno alle sardine

Nel senso che dopo la scoppola ai suoi alleati di governo Zingaretti non ha perso tempo e ha subito ringraziato il “Movimento delle Sardine”, il cui apporto non può ovviamente essere misurato in termini elettorali ma che, qualcosa mi dice, è destinato a vivere un percorso molto simile non tanto a quello del “Popolo Viola”, quanto a quello di Debora Serracchiani, divenuta celebre nel 2009 con un discorso all’assemblea nazionale dei circoli del PD, toccando praticamente gli stessi temi delle sardine. Mi sbaglierò, ma credo che un po’ per volta i rappresentanti di questo “movimento” si lasceranno fagocitare (che fa rima con candidare) diventando così organici al partito che, dopotutto, di fatto già sostengono.

Una riflessione

Si è votato ieri e oggi sappiamo chi sono i due governatori che amministreranno le rispettive regioni per i prossimi cinque anni, dopodiché, sulla scorta dei risultati ottenuti o meno, gli elettori decideranno se confermarli o mandarli a casa. Così avviene anche per eleggere i Sindaci: chi vince governa e chi perde sta serenamente all’opposizione. Principio troppo “giusto” per essere (finalmente) riproposto anche a livello nazionale?

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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