Anni fa, tenuto da famosi professori di Yale come Vincent Scully, “Introduzione alla storia dell’arte: dal Rinascimento al presente” veniva pubblicizzato come uno dei corsi per eccellenza dello Yale College. Ma la sua cancellazione è l’ultima risposta al disagio degli studenti nei confronti di un “canone” idealizzato occidentale – prodotto da un gruppo artisti straordinariamente bianchi, etero, europei e maschi.
Quello che avete appena letto è parte di un articolo pubblicato dal The Yale Daily News in merito a una decisione del Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università di Yale, a New Haven, nel Connecticut (USA), oggettivamente raccapricciante: riorganizzare uno dei corsi di maggiore tradizione al fine di “depurarlo” dal “canone occidentale”.
In termini pratici significa che invece di una lezione iniziale che spiega la storia dell’arte dal “Rinascimento al presente”, i nuovi corsi saranno strutturati su argomenti che spaziano dalle «domande di genere, classe e razza», passando per il «coinvolgimento dell’arte nel capitalismo occidentale». Immancabile il «cambiamento climatico» che, ça va sans dire, sarà un «tema chiave», come spiega il professor Tim Berringer.
Come riportato dal The Yale Daily News, sarebbe stato sufficiente il “disagio” paventato da alcuni studenti a indurre alla censura uno degli atenei più prestigiosi al mondo assoggettandosi, di fatto, a un approccio ideologico pericolosissimo, poiché mina alle fondamenta la nostra identità, peraltro già abbastanza vacillante a causa dello smarrimento di valori e punti di riferimento acuitosi dall’11 settembre a oggi.
Voi che ci leggete sapete bene quanto ci stia a cuore la battaglia contro la dittatura del pensiero unico e del politicamente corretto, che combattiamo al vostro fianco ogni santo giorno, non spacciando le nostre opinioni per verità assoluta, ma tentando di offrirvi la possibilità di osservare i fatti da una visuale diversa da quella che tentano di imporci.
In virtù di questo, se da una parte siamo contenti di essere i primi in Italia a divulgare notizie come questa, dall’altra ne siamo preoccupati, perché è la dimostrazione di come e quanto i media mainstream le tralascino, salvo poi bombardarci, da mane a sera, con notizie e argomenti che stiano dentro confini determinati, spesso decisi a tavolino in base a precisi interessi di natura economica o politica.
Non è nostra intenzione ingigantire o sensazionalizzare la decisione di Yale, che riteniamo abnorme per il semplice fatto che la storia dell’arte occidentale è anche la storia della civiltà occidentale e cancellarla da un corso significa, per dirla con George Orwell, creare un «Buco della memoria», ovvero indebolirla fino a farla sparire definitivamente.
Proprio così, perché si da il caso che Yale sia una delle Università più importanti e – attenzione – influenti al mondo: per capire in quali proporzioni vi sarà sufficiente scorrere i nomi delle personalità che vi si sono formate. Un elenco lunghissimo che, tra gli altri, comprende 20 Nobel, 35 Pulitzer, 5 presidenti degli Stati Uniti (Taft, Ford, i due Bush e Clinton) più un numero indefinito di personalità di ogni parte del mondo capaci di scrivere un pezzettino di storia dei rispettivi paesi e non solo.
Capite bene, quindi, che stiamo parlando di una delle realtà in cui viene costantemente formata una parte cospicua delle classi dirigenti del futuro, ergo, l’area d’influenza di ogni singolo input che viene lanciato lì va ben oltre il perimetro che circoscrive Yale e i propri studenti, facendo scuola pressoché ovunque in questo nostro mondo globalizzato.
Allora, siccome siamo abituati a porci parecchie domande, quello che mi chiedo, quando leggo notizie di questo tipo, è dove vogliano portarci e perché.
Se è vero, come diceva Giulio Andreotti, che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina, la risposta è molto semplice, e cioè che il fine di tali azioni sia quello di diluire sempre di più le nostre identità nel mare magnum di una cultura sostanzialmente neutra, edulcorata, dove le differenze si assottigliano fino a scomparire e, insieme a esse, via via, i dubbi e perfino le idee.
L’ecosistema perfetto, cioè, per passare dalla cultura alla coltura di una società composta non più da storie, identità e tradizioni diverse, ma da un tutt’uno informe da plasmare a seconda delle necessità e, ovviamente, da controllare a piacimento.
Ovviamente noi non ci stiamo e gridiamo a gran voce #VivailRinascimento!