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INCHIESTA SULLA CINA

Dopo il coronavirus la Cina tenta di infettare il mondo con la sua propaganda

Partiamo dagli ultimi fatti. Il 18 marzo il Ministero degli Esteri cinese ha revocato i visti giornalistici a tutti i corrispondenti statunitensi che lavorano nella Cina continentale, a Hong Kong e a Macao per il New York Times, il Wall Street Journal e il Washington Post.

Dopodiché, come rivelato da diverse autorevoli inchieste giornalistiche, il regime guidato da Xi  ha inviato alle ambasciate di tutto il mondo precise istruzioni per persuadere l’opinione pubblica sul fatto che l’origine del coronavirus non sia cinese.

Guarda caso, a partire dal 22 marzo diversi organi di stampa vicini al Partito Comunista Cinese hanno cominciato a parlare di “origine italiana del virus” enfatizzando alcune dichiarazioni del medico italiano Giuseppe Remuzzi, mentre le ambasciate in Giappone e Iran hanno fatto lo stesso, parlando rispettivamente di “virus giapponese” e “virus iraniano”.

Un’escalation devastante, quella del coronavirus che, mentre scriviamo, è giunta a oltre 414 mila contagi e 18 mila vittime in tutto il mondo.

A questo proposito, riteniamo utile pubblicare una timeline degli eventi riportati dalla stampa internazionale (New York Times, Washington Post, Axios, Bitter Winter e altri) a nostro avviso più significativi per affermare senza se e senza ma che il Covid-19 sia partito da Wuhan e che su questa tragica vicenda persistono molte zone d’ombra, checché ne dica la propaganda del Partito Comunista Cinese.

L’11 ottobre 2019 l’amministrazione distrettuale di Wuhan ha disposto la chiusura per 15 giorni di centinaia di attività produttive, luoghi pubblici e di culto ufficialmente “per mantenere l’ordine” durante lo svolgimento dei Giochi Mondiali Militari, che dal 18 al 27 ottobre hanno visto la partecipazione di oltre 10mila atleti provenienti da 110 paesi;

Il 10 dicembre 2019 il cittadino cinese Wei Guixian accusa sintomi da coronavirus;

Il 30 dicembre 2019 il dottor Li Wenliang di Wuhan viene interrogato dalla polizia cinese per aver condiviso su WeChat informazioni su un nuovo virus simile alla SARS;

Il 30 dicembre 2019 la commissione sanitaria di Wuhan ha notificato agli ospedali di alcuni casi di “una polmonite di causa poco chiara”;

Il 31 dicembre 2019 i funzionari sanitari di Wuhan hanno confermato 27 casi della malattia e, ritenendolo correlato alla diffusione del virus, hanno chiuso un mercato cittadino;

Il 1 gennaio 2020 l’Ufficio di pubblica sicurezza di Wuhan ha interrogato 8 medici che hanno pubblicato su WeChat informazioni sulla malattia;

Il 1 gennaio 2020 un funzionario della Commissione sanitaria provinciale di Hubei ha ordinato ai laboratori che avevano già stabilito che il nuovo virus era simile alla SARS, di interrompere i test e distruggere quelli esistenti;

Il 2 gennaio 2020 i ricercatori cinesi hanno mappato le informazioni genetiche complete del nuovo coronavirus. Ma questa informazione non viene resa pubblica fino al 9 gennaio;

Il 9 gennaio 2020 la Cina ha annunciato di aver mappato il genoma del coronavirus;

Dall’11 al 17 gennaio 2020 si è tenuta a Wuhan un’importante riunione del Partito Comunista Cinese. Durante quel periodo la Commissione della salute di Wuhan insiste sul fatto che non ci sono nuovi casi;

Il 13 gennaio 2020 il primo caso di coronavirus noto fuori dalla Cina viene riscontrato in Thailandia;

Il 14 gennaio 2020  l’OMS ha annunciato che le autorità cinesi non hanno “nessuna prova chiara della trasmissione da uomo a uomo del nuovo coronavirus”;

Il 15 gennaio 2020 il paziente che diventerà il primo caso confermato negli Stati Uniti lasciò Wuhan e arrivò negli Stati Uniti, portando il coronavirus;

Il 21 gennaio 2020 i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie confermano il primo caso di coronavirus negli Stati Uniti;

Il 23 gennaio 2020 Wuhan e altre tre città vengono bloccate: durante questo periodo circa 5 milioni di persone lasciano la città senza essere sottoposti a screening per la malattia;

Tra il 24 e il 30 gennaio 2020 la Cina ha celebrato le vacanze per il Capodanno lunare. Centinaia di milioni di persone hanno transitato in tutto il Paese per le visite ai parenti;

Il 24 gennaio 2020 la Cina ha esteso il blocco su 36 milioni di persone e ha dato il via alla costruzione di un nuovo ospedale a Wuhan. Da questo punto in poi, misure molto severe continuano ad essere implementate in tutto il paese per il resto dell’epidemia;

Il 7 febbraio 2020 il dottor Li Wenliang muore a Wuhan per coronavirus;

Il 13 marzo 2020 il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha accusato con un tweet gli Stati Uniti di aver portato il coronavirus a Wuhan nel corso dei Giochi Mondiali Militari di fine ottobre.

Come se non bastasse, da uno studio condotto dall’università di Southampton emerge che la Cina avrebbe potuto prevenire il 95% delle infezioni se avesse messo in atto solide misure di controllo solo 3 settimane prima, ma il regime ha preso decisioni importanti per contenere il virus circa 4 settimane dopo l’arresto di medici e altri testimoni oculari di quanto stava accadendo.

Un altro aspetto inquietante è la complicità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in questa pandemia globale, fin dall’inizio. L’OMS ha valutato in modo acritico la risposta della Cina e ha promosso le narrazioni del regime comunista ignorandone disonestà e temerarietà. A metà gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha comunicato che le indagini preliminari condotte dalle autorità cinesi non hanno trovato prove chiare della trasmissione del virus da uomo a uomo, e ha quindi poi rifiutato di dichiarare la pandemia fino all’11 marzo e ha criticato a fine febbraio le restrizioni ai viaggi in Cina

Ora, al di là del fatto che l’Italia dovrebbe intentare un’azione inibitoria nei confronti del governo cinese diffidandolo ufficialmente dal fare disinformazione diffondendo distorsioni della realtà che ledono l’immagine del nostro Paese, crediamo che i paesi colpiti debbano pretendere dalla Cina un risarcimento per i danni subiti a causa della condotta omissiva e persecutoria del regime, che ha impedito la condivisione delle informazioni necessarie al contenimento dell’epidemia su scala internazionale.

L’inettitudine, la disonestà e la negligenza della Cina hanno scatenato un virus che sta mietendo decine di migliaia di vittime, oltre a una recessione globale. Sarebbe folle se ora i governi occidentali consentissero a questo regime anche di riscrivere la storia: Pechino spende miliardi per i suoi scopi propagandistici e purtroppo dalle nostre parti gran parte dei media mainstream rilancia gratuitamente la sua narrazione.

Come afferma l’ex stratega di Trump Steve Bannon in quest’intervista rilasciata il 24 febbraio scorso «dopo aver infettato l’economia mondiale, la Cina sta infettando il mondo con il coronavirus» e, aggiungiamo noi, anche con la sua propaganda.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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