Oggi il mondo della manifattura si trova di fronte a diverse incognite per il futuro. Tra le incertezze sulle riaperture e il mercato che sta cambiando, alcune industrie per risparmiare anziché buttare via riutilizzano vecchi prodotti.
Questa tecnica si chiama remanufacturing, in italiano rigenerazione, che consiste nel rimettere a nuovo un prodotto esaurito, aggiornandolo nelle sue componenti e rimettendolo sul mercato. I vantaggi sono garantiti per tutta la filiera di produzione: dai produttori ai consumatori. Oltre ai benefici economici, la rigenerazione ha un impatto minimo sull’ambiente perché vengono impiegate meno risorse e meno materie prime.
Oggi il remanufacturing rappresenta la nuova frontiera della produzione industriale e anche fra gli imprenditori italiani si sta sviluppando questa mentalità.
LE ORIGINI E LO SVILUPPO
Gli Stati Uniti d’America sono stati il Paese pioniere del remanufacturing, non solo come pratica industriale ma anche come fenomeno di studio. Infatti, il primo rapporto in materia porta la firma di Robert Lund, ingegnere della Boston University che, già nel 1984, ne esaltava i pregi. Da allora sono stati fatti molti passi in avanti e, oggi, l’intero comparto dell’industria americana della rigenerazione vale quasi 100 miliardi di dollari.
Seppur con lentezza il remanufactung è arrivato anche in Europa e, nei prossimi anni, sarà destinato a crescere. Secondo uno studio di European Manifacturing Network il valore del riuso nel 2030 potrebbe raggiungere 90 miliardi di euro.
Le aziende infatti hanno compreso che un riuso intelligente permette di accrescere la propria posizione sul mercato. Ai produttori consente di risparmiare sui costi, di accorciare i tempi di lavorazione e, di conseguenza, di aumentare il proprio giro d’affari. Il consumatore poi troverà con un prodotto che costa meno.
Quali sono i settori più interessati al remanufacturing? Innanzitutto quelli che, in questi ultimi anni, hanno abbracciato l’innovazione, come: l’elettronica, l’automotive, l’aereospazio e la meccanica industriale.
GLI ESEMPI DI AZIENDE ITALIANE
Nonostante l’Italia sia ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei, esistono imprese che hanno fatto della rigenerazione la propria firma.
Sapi, industria con sede a Milano, dal 1993 produce cartucce rigenerate per stampanti. Il suo metodo di fabbricazione rispecchia tutti i requisiti del remanucafturing. Infatti per realizzare nuovi prodotti, l’azienda recupera quelli esausti, pulendoli e sostituendo le parti non più funzionanti. Successivamente le cartucce vengono riempite con polvere di toner e pronte per essere riutilizzate e commercializzate. Allo stesso modo, Sapi realizza anche stampanti e copiatori ricondizionati.
Sempre nel settore della stampa, la storia di Automation System dimostra che il remanufacturing può essere un elemento di riconoscibilità nel mondo. Il suo know-how è riconosciuto anche fuori dall’Italia, tanto che organizza corsi di formazione anche all’estero.
C’è, poi, chi con la tecnica del remanufacturing è riuscito a allargare il proprio giro di clienti. È il caso di Bühler Brescia, azienda produttrice di macchinari metallurgici, alla quale diversi produttori si affidano svecchiare i propri apparecchi. Il lavoro di Buher non si limita alla manutenzione, ma anche all’introduzione di nuovi componenti tecnologici, in particolare digitali.
Insomma, se in questi ultimi tempi il consumo delle risorse è stato trattato in maniera ideologizzata, oggi ci accorgiamo che anche nel dibattito pubblico occorre più conoscenza.