Il vero dramma è che l’ora più buia non è ancora arrivata. Ne prendiamo amaramente atto ogni volta che Giuseppe Conte viene piazzato davanti a una telecamera: il solito mix di annunci e luoghi comuni conditi da una manciata abbondante di strafalcioni da cui emerge un’inconsistenza tale che, in confronto, il politichese della prima repubblica potremmo paragonarlo ai tweet di Trump.
Peccato che dall’altra parte di quella telecamera ci siano milioni di italiani che ascoltano quelle parole aggrappati alla speranza che il presidente del consiglio, finalmente, annunci una qualche misura concreta, salvo poi rimanere puntualmente a bocca asciutta.
Per intenderci è come quando dei tifosi assistono col fiato sospeso a una partita in cui la loro squadra attacca, attacca ma non segna mai: l’urlo di gioia che si strozza in gola decine di volte, fino a quando il triplice fischio finale spegne ogni residua velleità e li manda a casa, con le pive nel sacco, ad aspettare che cominci la stagione successiva.
Una cosa, però, questo governo la sta dimostrando con i fatti, concreti e tangibili: che non sta facendo gli interessi di noi italiani. Avete letto bene, proprio così. Realtà di cui sarà bene che prendiamo tutti atto una volta per tutte e che scioglie come neve al sole attenuanti quali l’emergenza, l’inesperienza e financo la mancanza di preparazione.
Tutte balle, pretesti buoni soltanto per prendere tempo, varare norme liberticide e, al contempo, mettere in ginocchio la nostra economia sin dalle fondamenta: togliete, a un paese come l’Italia, la ristorazione, il turismo, gli eventi, le fiere, il manifatturiero, partite IVA e PMI e avrete creato le condizioni ideali per svendere tutto a speculatori stranieri.
Oltre al danno sapete quale sarà la beffa? Che dopo essersi comprati le nostre attività, magari saranno talmente magnanimi da chiederci di lavorarci dentro: ovviamente, poi, i loro amici che stanno al governo verranno a raccontarci che siccome c’è stata l’emergenza coronavirus dovremo abituarci a essere pagati molto poco e che ci toccherà rinunciare ai pochi diritti che ci sono rimasti.
Poi ci diranno che le nostre libertà fondamentali non potranno restituircele tutte e che, essendoci il coronavirus, dovremo rassegnarci a essere tracciati, intercettati, ad avere telecamere con riconoscimento facciale praticamente ovunque e a utilizzare app che, sostanzialmente, trasformeranno i nostri smartphone nell’equivalente moderno dei campanellini dei lebbrosi.
A tutto questo aggiungete che è, di fatto, vietata ogni forma di manifestazione che non sia un post sulla nostra bacheca di Facebook: anche qui l’obiettivo è chiaro, tecnicamente si chiama “disfunzione narcotizzante”, ovvero la convinzione che per partecipare alla vita pubblica sia sufficiente tenersi informati e magari esprimere dissenso online, senza rendersi conto che si è invece indotti a uno stato di inerzia e apatia grazie al quale le classi dirigenti possono spartirsi il potere “vero” indisturbate.
Questo è il modello di società in cui volete vivere e crescere i vostri figli? Beh, io sono sicuro di no.
Allora bisogna prendere atto che l’unico modo per evitare che il disastro sopra descritto si compia del tutto, è tornare al pre-Covid: ovviamente tutti attenti, consapevoli e quindi disposti a indossare la mascherina e a consolidare abitudini oggettivamente buone e ineludibili come il lavarsi spesso le mani ed evitare contatti inutili ma, dopodiché, tutto dovrà ripartire con le medesime regole di prima.
Qui non c’è una via di mezzo, perché ogni giorno che passa significa sancire la morte di migliaia di attività e, di conseguenza, la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro con il relativo indotto.
La scelta è tra vivere in un 1984 dai contorni marcatamente cinesi e quindi addirittura peggiore di quello immaginato da Orwell oppure in questo 2020 che, nonostante tutto, siamo ancora in tempo a raddrizzare.
Sarà quindi bene che le opposizioni presenti in Parlamento, i rappresentati delle Categorie, gli amministratori locali e ogni singolo corpo intermedio di questo Paese facciano sentire la propria voce attraverso atti civili, nel rispetto della legge, ma finalmente concreti.
Ché di lacrime vere, noi italiani, ne stiamo piangendo già abbastanza.