Effettivamente all’appello il Ponte sullo Stretto di Messina mancava: appeso lì, nella bacheca delle boutade di Giuseppi, fa un figurone. Ancora tre o quattro conferenze stampa delle sue (nel senso di Casalino) e a Palazzo Chigi sarà possibile organizzare una mostra permanente, la prima grande esposizione di Giuseppe Ponte, le cui opere hanno il potere di tenere in sospeso chi le ascolta per mesi e mesi senza che… succeda un emerito lazzo.
Così, i visitatori potranno letteralmente perdersi a tempo indeterminato tra i corridoi della mostra, girovagando rigorosamente a distanza ma, al contempo, ebbri delle poderose promesse che ridesteranno la loro voglia di ripartire, rafforzando graniticamente la consapevolezza che no, Giuseppe Ponte non lascerà nessuno indietro.
Un viaggio per taluni aspetti introspettivo, poiché è ferma intenzione di Giuseppe Ponte spingere gli spettatori a guardarsi dentro, interrogandosi sul perché, nonostante tutto, credano ancora alle sue autentiche fanfaluche.
Da Avvogado del Bobolo a giudice supremo e imperituro delle nostre coscienze, inaridite a tal punto da lasciarci trarre in inganno come dei Gollum qualsiasi da bisogni meramente utilitaristici come i bonus per la partite IVA, la cassa integrazione e financo la liquidità per le imprese.
Una deriva materialista dalla quale egli ci sta liberando accompagnandoci felicemente alla decrescita che spezzerà le nostre catene dalle malsane abitudini di stampo consumista come andare a fare la spesa, pagare il mutuo, l’affitto o le tasse.
Inutili orpelli, rami secchi da tagliare quanto prima per lasciare spazio alla vera sostanza del nostro vivere quotidiano, l’esplicitazione dei valori altissimi che Giuseppi e la compagine governativa da lui tenacemente guidata incarnano alla perfezione e che propagano con una potenza di fuoco mai vista prima.
E se rimarremo senza lavoro e senza casa? Pazienza, vorrà dire che andremo a dormire sotto a un Ponte.