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POLITICA USA

Tra i repubblicani esiste davvero una fronda anti-Trump?

La risposta può essere di due tipi, a seconda della conoscenza che si ha sulla politica americana e, chiaramente, sulla base dei rapporti fra coloro che compongono la cosiddetta fronda e il Presidente stesso.

I componenti sono quattro – George W. Bush, Colin Powell, James Mattis, Mitt Romney – e i casi vanno analizzati singolarmente. Fare di tutta l’erba un fascio è un grave errore.

Su John Kelly e Condoleezza Rice – nominati a lungo nelle ultime ore –, invece, il discorso è leggermente diverso anche se ambedue non hanno risparmiato critiche verso il Presidente.

Bush, Powell, Romney e Mattis – tutti noti al pubblico per vari motivi – si sono apertamente schierati contro il Presidente Trump. Alcuni hanno parlato del danno che queste scelte, per vari motivi, potrebbero arrecare a Donald Trump ma, la cosa che desta più stupore, è la felicità con la quale queste scelte sono state accolte dall’opinione pubblica e non solo.

Per completezza d’informazione, ogni singola persona che ha espresso il suo dissenso verso il Presidente ha un motivo alla base di questa decisione. La verità, per fortuna innegabile ci dice che Bush, Powell e Romney non avevano votato per Trump nel 2016. Già questo, senza ulteriori approfondimenti, costituisce una non-notizia o, al massimo, una conferma. Discorso diverso su James Mattis.

L’ex Presidente Bush, ad esempio, assieme al padre – anche lui ex Presidente, ora defunto – già nel maggio del 2016, ancora prima della Convention, affermò che non avrebbe appoggiato l’allora unico candidato rimasto in corsa nelle primarie. In quella contesa, un terzo Bush, Jeb – partito con i favori del pronostico – fu poi letteralmente spazzato via da tutti gli altri candidati e dovette ritirarsi poco dopo.

I Bush scelsero, in un momento delicatissimo per il GOP, di non fare nessuna dichiarazione ostile ma, più semplicemente, di non dare il loro endorsement al futuro Presidente. Oggi siamo a giugno e, come allora, Bush Jr. si sfila nuovamente dalla possibilità di appoggiare Trump. Visto il precedente appare inutile sorprendersi e gioire. Insomma, lo aveva già fatto: dove sta la novità?

L’ex Segretario di Stato Colin Powell ha annunciato, invece, qualcosa in più proprio rispetto all’ex Presidente – Bush Jr. – con il quale ha servito. «Voterò per Joe Biden – ha affermato Powell – (…) Trump rappresenta un pericolo per la Costituzione».

Parole forti ma, sinceramente, ampiamente prevedibili. L’ex generale già nel 2008 e nel 2012 aveva deciso di appoggiare Barack Obama e di prendere le distanze dalle candidature repubblicane di John McCain e di Mitt Romney.

Ciò che invece fa riflettere è un passaggio in particolare delle dichiarazioni di Powell: «mi ha preoccupato fortemente il modo in cui ha iniziato ad insultare chiunque, dalle madri dei soldati con la stella d’oro al valore militare, all’ex senatore John McCain, agli immigrati ed io sono figlio di immigrato.

Trump ha insultato chiunque ha osato parlare contro di lui». È paradossale che l’ex Segretario di Stato abbia nominato proprio McCain che non votò nel 2008, preferendogli Barack Obama. Forse Colin Powell dopo anni da fiero repubblicano ha spostato la sua visione politica verso i democratici e, magari, potrebbe annunciare pubblicamente questo passaggio per fugare ogni dubbio.

È forse sì vero che Trump non rappresenta appieno il prototipo di Presidenti repubblicani sotto i quali Powell ha servito ma, visti i precedenti, ciò basta per affermare che tre indizi fanno una prova. Esiste anche un quarto indizio, poiché Powell nel 2016 ha votato per Hillary Clinton.

Anche Mitt Romney, ex candidato alla presidenza nel 2012 (non votato da Powell) e adesso senatore per lo Utah ha deciso, per la seconda volta di fila, di non appoggiare Trump. Durante le primarie del 2016, per l’esattezza il 3 marzo, prendendo la parola  presso l’Università del Massachussetts – Romney è stato governatore dello stato dal 2003 al 2007 – chiese pubblicamente di «non votare per Trump» per poi definirlo «falso e cialtrone». Poco dopo decise di appoggiare il senatore texano Ted Cruz.

La diatriba fra Romney e Trump, però, non si è esaurita a quel singolo episodio: durante il processo di impeachment al Senato, il 5 febbraio 2020, Romney è diventato il primo senatore americano ad aver votato contro il Presidente del proprio partito. Anche qui, dunque, non vi è alcuna sorpresa nelle dichiarazioni.

 

– Continua domani

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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