Abbiamo scelto di ispirarci all’Articolo 21 della Costituzione, in cui è scritto testualmente:
«tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure»
Ovvero l’esatto contrario di ciò che sta invece avvenendo, in Italia ma non soltanto: siamo di fronte al tentativo di golpe storico e valoriale attraverso il quale completare l’opera di demolizione dell’Occidente.
L’arma è la medesima utilizzata dai regimi dittatoriali come quello nazista o, per citare un esempio più attuale, il regime comunista cinese o lo Stato Islamico: cancellare storia e identità per assoggettare tutti alla propria versione della verità.
Ma chi, meglio di Orwell, per comprendere questo concetto?
Nel suo 1984 il Partito si impossessò letteralmente del passato disponendo della possibilità di cancellare ogni traccia riferibile qualsiasi notizia o persona: ogni singolo documento o articolo di giornale veniva riscritto riportando la medesima versione della storia imposta dal Partito, in questo modo «la menzogna diventava verità e passava alla storia».
«Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato» era lo slogan del Partito, sintesi del vero e proprio lavaggio del cervello collettivo che veniva definito «controllo della realtà», messo in atto attraverso una strategia precisa, scientifica: «dimenticare tutto quello che era necessario dimenticare, e quindi richiamarlo alla memoria nel momento in cui sarebbe stato necessario, e quindi dimenticarlo da capo: e soprattutto applicare lo stesso processo al processo stesso. Questa era l’ultima raffinatezza: assumere coscientemente l’incoscienza, e quindi da capo, divenire inconscio dell’azione ipnotica or ora compiuta. Anche per capire il significato della parola “bipensiero” bisognava mettere, appunto, in opera il medesimo».
È la dittatura di pensiero unico e politicamente corretto, quella per la quale oggi c’è chi se la prende vigliaccamente con statue, monumenti e financo interi periodi storici; la stessa che ritroviamo nei «fascista», «razzista» o «xenofobo» utilizzati per aggettivare chiunque osi parlare del fenomeno dell’immigrazione incontrollata; la medesima per la quale sei «omofobo» se difendi la famiglia tradizionale, «islamofobo» se parli di terrorismo islamico, «poco scolarizzato» o «manipolato» se voti Salvini o Trump.
Alle nostre latitudini il paradosso è che questo sistematico tentativo di censura sia perpetrato dagli stessi soggetti che si auto-accreditano come i più strenui difensori della Costituzione. Tranne che dell’Articolo 21.