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Politica

Da populista a radical chic: Giuseppe contro Giuseppi

«Se populismo significa restituire al popolo la sovranità, rivendichiamo orgogliosamente di essere populisti», un concetto chiaro, che non lascia spazio a interpretazioni, no? Certamente antitetico a quello espresso da chi afferma che «nazionalismo e populismo offrono solo paura e divisione».

Si tratta semplicemente di due posizioni contrapposte, nulla di strano, anzi, per come la vediamo noi è il cosiddetto sale della democrazia: il confronto. Il problema, peraltro nemmeno di poco conto, sorge se a pronunciare quelle parole è la stessa persona.

Perché, intendiamoci, cambiare idea è del tutto legittimo, ma fare inversione a U sulla propria visione è oggettivamente indicativo di due fattori sostanziali: la confusione che regna nella testa del soggetto in questione e che egli fondamentalmente non creda in ciò che dice.

Ora, quandanche si trattasse di un nostro amico o conoscente ce ne faremmo beatamente una ragione ma, come direbbe il grande Totò, è qui che casca l’asino. Sì, perché l’autore del testacoda intellettuale di cui sopra è nientepopodimeno che Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio nonché ex, a questo punto, «avvocato del popolo».

Poi, per carità, è pur vero che noi italiani quanto a voltagabbana ci siamo fatti il palato fino, ma Giuseppi riesce nell’impresa di vincere per distacco con veri e propri mostri sacri dell’incoerenza del calibro di Fini, Mastella, Razzi, Scilipoti e financo la new entry Matteo Renzi a cui, per completare il giro, manca soltanto la mossa del giaguaro e l’alleanza con Darth Vader.

Tra l’altro è paradossale osservare come a rinverdire i fasti del voltagabbanismo siano gli esponenti del Movimento 5 Stelle, che è nato e cresciuto in assoluta antitesi al trasformismo delle vecchie classi politiche e che ora, invece, è come se si fosse reincarnato nel corpo di un polveroso partito della prima repubblica.

Prima era «mai con Salvini» e poi ci hanno fatto il governo insieme, poi era «mai con il Partito di Bibbiano (ovvero il PD, ndr) di chi usa l’elettroshock per togliere i bambini alle proprie famiglie» e poi ci hanno fatto il governo insieme; prima era «basta sprechi» e poi anziché aiutare famiglie e imprese danno 3 miliardi ad Alitalia; prima era «revocheremo la concessione ai Benetton» e poi gli affidano la gestione del nuovo ponte di Genova; prima era «bloccheremo la Tap» e poi «fermarlo costerebbe troppo»; prima era «con noi al governo la Tav non si farà» e poi si fa bocciare la mozione in Parlamento (con il voto degli alleati); poi via così con l’Ilva, gli F35 e tra poco il Mes.

Sullo sfondo di cotanta incoerenza, muovono i loro passi anche Romano Prodi che auspica – udite udite – un Berlusconi in maggioranza col Pd e Berlusconi che a sua volta quando sta con gli alleati non parla di Mes, quando sta da solo dice che è favorevole al Mes e nei giorni pari afferma che farebbe un governo praticamente con chiunque gli riconosca agilità politica.

Concetto di per sé singolare, dal momento che è espresso dal presidente del consiglio più longevo della storia repubblicana che, è bene ricordare, ruppe con tutti i propri “delfini” soprattutto perché li reputava troppo sensibili ai complimenti della sinistra, che li lusingava per utilizzarli come «utili idioti». Da sdoganatore della destra nazionale a leader in perenne ricerca di qualcuno che lo sdogani da chissà che. Mah.

Insomma da questo kamasutra di posizioni politiche emergono due considerazioni: la prima è che tutti cercano di essere ciò che non sono e la seconda e che, forse, sarebbe sufficiente che tutti si limitassero ad essere onesti con loro stessi. Vista la situazione, sarebbe una rivoluzione.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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