Partiamo da due considerazioni: la prima è che il nostro è un sistema politico chiuso, fatto dai partiti per i partiti, che una volta presi i voti per sopravvivere sono disposti a tutto e il contrario di tutto, in barba alla volontà popolare.
La seconda è che i politici, per difendere lo strumento che garantisce loro di gestire indisturbati il potere, hanno sempre fuorviato l’opinione pubblica con balle come quella secondo cui «con le riforme gli italiani non mangiano» omettendo, però, che non farle consente a lorsignori di continuare a strafogarsi di potere alle nostre spalle.
Morale, ci sono pochissimi italiani interessati all’argomento, figuriamoci gli americani, che sono abituati a un sistema per molti aspetti opposto al nostro, in cui tutti, dai rappresentanti del territorio all’inquilino della Casa Bianca, sono scelti direttamente dal popolo.
L’altra mattina mi è capitato di trovarmi a chiacchierare di politica con amici di amici statunitensi che, non capacitandosi delle difficoltà di un grande paese come l’Italia, mi hanno chiesto di spiegargli il funzionamento del sistema politico di casa nostra.
Vi lascio immaginare il fiorire delle espressioni più disparate sui loro volti mentre tentavo di spiegargli proporzionale, bicameralismo perfetto e listini bloccati, ma nulla in confronto all’impossibilità di fargli comprendere la ratio dei 66 governi in 73 anni frutto delle maggioranze variabili, meglio conosciuto come trasformismo, una vera e propria specialità nostrana alla cui storia dedicammo uno speciale (che potete leggere qui, qui e qui, ndr).
«Dunque, i 5 Stelle chiamavano il Pd “partito di Bibbiano” accusandone i rappresentanti di “strappare i bambini alle famiglie con l’elettroshock”», raccontavo, «così, giusto per citare uno degli innumerevoli insulti che si sono scambiati, dicendo che mai e poi mai avrebbero governato gli uni con gli altri. Risultato: dopo poche settimane hanno fatto un governo insieme, con lo stesso presidente del consiglio che i pentastellati scelsero insieme a Salvini».
Loro, ovviamente, strabuzzavano gli occhi. Per farmi capire ho quindi deciso di fargli qualche esempio utilizzando i politici americani: «immaginate che per mantenere il potere Trump nomini Nancy Pelosi sua vice e Hillary Clinton segretario di Stato», ho cominciato a spiegare davanti ai loro sguardi increduli, «e che dopo alcune settimane demolisca le riforme di stampo repubblicano da lui stesso introdotte nei mesi precedenti e, subito dopo, sostenga i cavalli di battaglia dei democratici come il taglio dei finanziamenti alla polizia».
Oppure, aggiungo, che a causa di un sistema elettorale fatto apposta perché dalle urne non esca alcuna maggioranza, dopo essersele date di santa ragione per tutta la campagna elettorale, il 4 novembre Trump e Biden fossero costretti a governare insieme.
Chiunque a quelle latitudini lo giudicherebbe folle, peccato che da noi sia la normalità: ricordate quello slogan che recitava «realizziamo i vostri sogni»? Ecco, per rappresentare il sistema politico italiano potremmo parafrasarlo e ingaggiare Freddy Krueger come testimonial: «realizziamo i vostri incubi». Mostro malvagio che i protagonisti del film sconfiggevano imparando a non averne più paura, voltandogli le spalle. Che sia il caso prendere spunto?