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POLITICA USA

Mai sottovalutare Trump

Trump può ancora vincere? Questa è la domanda che a 47 giorni di distanza dall’election day del 3 novembre ancora in molti si pongono nonostante il martellamento dei media mainstream, che hanno cominciato a dare per scontato il risultato mentre ancora si contavano i voti.

Quel che è certo è che le elezioni si sono svolte in modo oggettivamente anomalo, con Stati che hanno deciso di dare per buoni voti arrivati anche diversi giorni dopo e testimonianze che gettano ben più di un’ombra sull’esito del voto.

D’altra parte, che i vari pezzi dell’establishment avrebbero venduto l’anima al diavolo per favorire Biden è sotto gli occhi di tutti: una rivincita cominciata il giorno successivo alla scoppola rimediata nel 2016, quando Trump batté la potentissima Hillary Clinton frantumando pronostici e reputazione di molti tra gli analisti più accreditati.

Guarda caso, in Italia sembrano avere tutti dimenticato le dichiarazioni di un certo Joe Biden a proposito del referendum costituzionale con il quale Matteo Renzi si giocò la carriera, l’8 dicembre del 2017 dichiarò che «il Cremlino interferì in Italia sul referendum costituzionale».

A rileggerle oggi suona strano, vero? Eppure quelli che oggi attaccano Trump perché denuncia i brogli sono gli stessi che cavalcarono una tra le fake news più gigantesche della storia: il Russiagate e la teoria secondo cui i fantomatici hacker russi avrebbero aiutato il tycoon newyorkese a vincere le elezioni.

Alcune certezze ci sono

La prima è che se tutto andrà come sembra, Biden presterà giuramento davanti a un National Mall deserto: un’immagine destinata a passare alla storia tra le più emblematiche della pandemia, certo, ma anche parecchio evocativa rispetto all’effettivo seguito di un presidente eletto che durante la campagna elettorale faticava a riunire poche decine di persone.

Altro scenario più che probabile: chi conosce la storia politica di Biden sa che stiamo parlando di un politico che non ha assolutamente la stoffa del leader. Obama e Trump rappresentano i poli opposti ma sono leader nati, lui assolutamente no; a chi dice che Kamala Harris sarà il presidente ombra faccio sommessamente notare che alle primarie democratiche raggiunse a malapena il 2% dei consensi.

Ora, possiamo dire che sia l’uno che l’altra sono… poco rappresentativi? Ebbene, dopo il 20 gennaio dovranno gestire la fase più acuta della pandemia, la campagna vaccinale e dovranno confrontarsi con i risultati di Trump.

Qualche esempio? Rapporti con la Cina: la argineranno o si genufletteranno? Economia: alzeranno le tasse? Faranno diminuire il livello occupazionale? Politica estera: l’amministrazione uscente ha fatto zero guerre, loro riusciranno a fare lo stesso? E poi il terrorismo islamico, il taglio dei fondi alla polizia e la questione dei diritti civili, la riforma sanitaria.

Immaginate un presidente balbettante come Biden alle prese con questioni come queste e Trump a stargli col fiato sul collo ogni santo giorno tramite i social e presidiando nuovi canali televisivi di riferimento per i conservatori, come Newsmax e One America News.

Se consideriamo che nel 2023 inizierà ufficialmente la campagna elettorale delle primarie, in fin dei conti si tratta di due anni che Trump potrebbe trasformare nella cavalcata per riprendersi la Casa Bianca, ovviamente al grido di Make America Great Again!

A meno che…

Written By

è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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