Ora che Joe Biden ha preso possesso dello Studio Ovale, Donald Trump starà certamente pensando a come riappropriarsi della scena politica ben sapendo, però, che per riuscirci dovrà riconquistare lo spazio mediatico che gli è stato tolto dai colossi del Web.
Un percorso obbligato, il cui esito sortirà certamente effetti anche alle nostre latitudini soprattutto riguardo al tema della sovranità digitale, la cui portata è immensa e ci riguarda tutti: ad essere in gioco non sono i tweet di Trump, ma sostanzialmente tre diritti fondamentali:
la libera espressione delle nostre opinioni
la libertà di informare
la tutela di sicurezza e integrità della nostra identità digitale
Un nuovo partito?
Molti danno per certo che Trump stia pensando di capitalizzare il 74 milioni di voti presi il 3 novembre scorso per creare un partito alternativo a democratici e repubblicani, dando così una struttura al suo popolo, che fino ad oggi si è identificato nell’acronimo di Make America Great Again (MAGA, appunto).
Ma siamo sicuri che abbia in mente un partito vero e proprio? Personalmente ho diverse ragioni per dubitarne, prima tra tutte che l’ex inquilino della Casa Bianca giochi sempre per vincere, e la storia dice che tutti i tentativi di spezzare il bipolarismo democratici-repubblicani sono falliti miseramente.
Piuttosto, credo che Trump e i suoi immaginino il Patriot Party come un movimento certamente strutturato e gerarchizzato, ma comunque interno al partito repubblicano.
In Italia lo chiameremmo “corrente”, negli Stati Uniti l’esempio a cui fare riferimento è quello dei Tea Party, che dopo la crisi economica del 2008 influenzarono non poco l’agenda politica repubblicana prevalentemente in tema di lotta alla pervasività dello Stato e all’eccessiva pressione fiscale.
Una soluzione di questo tipo gli consentirebbe di avere un brand politico di sua proprietà, ma continuando ad agire nel perimetro repubblicano: senza, quindi, rinunciare alla competitività negli appuntamenti elettorali che contano.
Una strategia grazie alla quale Trump potrebbe replicare in modo più organizzato quel che già fece tra il 2015 e il 2016, conquistando la nomination repubblicana a discapito di un partito incapace di dotarsi di una classe dirigente minimamemente carismatica e rappresentativa delle esigenze reali del popolo americano.
Il Patriot Network
Come dicevo all’inizio, lo scontro in atto non è tanto tra Trump e le BigTech, ma piuttosto tra libertà e dittatura del pensiero unico, tra una concezione della società fondata sui valori occidentali e il modello immaginato nel 1948 (anno in cui scrisse il romanzo 1984) da George Orwell e oggi trasformato in realtà dal regime comunista cinese.
Per questo invito ad andare oltre la l’opinione che si ha di Trump, focalizzando l’attenzione sulla funzione che egli potrà avere nel determinare lo spostamento di equilibri fondamentali come quelli che ho menzionato poc’anzi.
In questo momento è infatti l’unico in grado di poter lanciare la sfida ai colossi che nel giro di pochi anni sono stati capaci di fagocitare gran parte delle nostre economie e della nostra vita sociale, sfruttando la sostanziale incapacità dei governi di tenergli testa dal punto di vista legislativo.
Sfida che non passa soltanto dalla creazione di un nuovo social network ma, come abbiamo visto nel caso di Parler, di partire dalle fondamenta creando delle strutture alternative che possano garantirne la sopravvivenza.
Mi riferisco a hosting, ecosistema di app, sistemi di pagamento e financo fornitura di energia elettrica, ovvero tutto quello che serve per non dipendere dai colossi palesemente schierati dalla parte del mainstream.
Giornali, aziende, politici, governi, liberi cittadini: chiunque non si esprima attenendosi scrupolosamente ai dettami del politicamente corretto rischia di vedersi cancellato da un momento all’altro senza poter fare nulla.
Al di là della politica, pensate ai danni che potrebbero subire aziende che hanno investito fior di soldi e risorse per comunicare attraverso quelle piattaforme: in un click sparirebbero clienti, reputazione, contenuti, tutto.
Nei fatti, un Patriot Network sta già nascendo: mi riferisco a Real America’s Voice di Steve Bannon (che avrà un ruolo centrale nella costruzione sia del network che del movimento), a One American News, Voice of America, Breitbart e altri canali emersi anche grazie alla crossmedialità che, certamente, nei mesi a venire confermeranno i loro trend di crescita.