Attenzione, perché il Movimento 5 Stelle sta tentando di far passare un messaggio fuorviante, ovvero che Di Maio fosse l’unico voltagabbana in mezzo a una classe politica con la schiena dritta e perfettamente coerente con le battaglie politiche che le consentirono di raggiungere il 34% alle elezioni politiche del 2018.
La cronaca – perché parlare di storia riferendosi ai pentastellati sarebbe oggettivamente troppo – degli ultimi anni ci consegna invece una verità diametralmente opposta, un combinato disposto di balle e giravolte talmente grandi da far impallidire Razzi e Scilipoti: dal «mai con i partiti» al governo con la Lega, al «mai col PD» al governo giallorosso passando dal Conte “bifronte” saltato con nonchalance dal populismo alla gauche caviar e radical chic.
Europa, Mes, Tav, Tap, alleanze, Ilva, limite dei mandati, cariche a indagati, riunioni in streaming, immigrazione, vaccini, impeachment a Mattarella, scie chimiche e chi più ne ha più ne metta: potremmo dire che i grillini hanno applicato la cancel culture a loro stessi, abiurando ogni singola battaglia del recente passato in nome della “Dea Cadrega”.
D’altra parte si tratta dello sbocco naturale per chi si propone di guidare una nazione con la presunzione di poter fare a meno di valori di riferimento, per il semplice fatto che essi si traducono in una determinata visione del mondo e in conseguenti approcci ai singoli temi da affrontare.
Oltre a questo, vivaddio, va detto che la nemesi grillina è oggettivamente meritata per un movimento che è stato fondato sul disprezzo nei confronti di chi crede in qualcosa, permettendosi di urlare in faccia anche a militanti e amministratori locali idiozie come «fate tutti schifo» e «la politica è il cancro da estirpare», senza rendersi conto che la cattiva politica si combatte con l’impegno e la partecipazione, in nome di un ideale da trasformare in azioni finalizzate a migliorare la qualità della vita di chi fa parte della comunità in cui viviamo.
Una parabola che riporta alla mente quella di Gollum, ovvero il personaggio più complesso e controverso immaginato da JRR Tolkien nel Signore degli Anelli: un hobbit divenuto letteralmente schiavo dell’Anello del Potere al punto dal dedicarvi la sua intera esistenza, chiamandolo morbosamente «il mio tessoro».
Ecco, nel corso di questa sciagurata legislatura Grillo, Di Maio, Conte e compagnia cantante hanno dimostrato che il loro Movimento è una sorta di lavagna bianca su cui poter scrivere tutto e il suo contrario purché serva a conservare quel potere che prima dicevano di voler combattere e che, una volta conquistato, si è trasformato nel loro tessoro da difendere a qualunque costo.