Caro Direttore, ritengo estremamente prezioso l’intervento di Mons. Cantoni, poiché ha il merito di aprire un confronto serio su un tema di grande rilevanza; l’approccio che ne deve scaturire è esattamente quello suggerito dal Vescovo stesso: il fenomeno turistico deve essere gestito, governato e umanizzato.
Premessa che rende irrilevanti molte proposte prive di senso, come il numero chiuso o la messa al bando dei bed and breakfast, idee che ricordano chi si illudeva che Netflix non avrebbe mai potuto scalfire la leadership di mercato di Blockbuster. Sappiamo tutti come andò a finire. Certi fenomeni non si possono fermare né devono essere combattuti ma, come ha giustamente osservato il Vescovo, vanno governati: illudersi del contrario sarebbe come pensare di fermare il vento con le mani, soprattutto oggi, con la congiuntura favorevole che si è delineata per il nostro territorio.
A partire dal 2002, con l’arrivo di George Clooney sul Lario, passando per eventi di caratura internazionale come le mostre di Villa Olmo, le celebrazioni del Centenario della nascita di Giuseppe Terragni e la crescita costante della Città dei Balocchi, l’esplosione dei social media visivi come Instagram, fino all’arrivo della famiglia Hartono alla guida del Calcio Como e all’organizzazione di appuntamenti come Como Lake a Villa Erba, abbiamo assistito a una concatenazione di eventi che hanno trasformato il nostro Lago di Como in una delle mete più ambite al mondo.
Tuttavia, è utile ricordare cosa accadde con il comparto tessile, quando molti credevano che la Cina non avrebbe mai potuto sottrarci il ruolo di “Città della Seta”. Anche il turismo non va dato per scontato, va riconquistato quotidianamente attraverso la qualità dell’esperienza complessiva che i turisti vivono da noi. Se un domani questo fenomeno dovesse finire, su cosa si reggerà l’economia di Como? A chi pensa a un futuro da “dormitorio di Milano”, rispondo con un convinto “no, grazie”.
La mia professione mi consente di viaggiare molto, e posso testimoniare che non esiste luogo in cui le persone non rimangano affascinate quando dico loro che sono di Como. Molti desiderano visitarla, altri ne sono già innamorati. C’è forse qualcuno che pensa di proporre di “censurare” dai social i contenuti che testimoniano la bellezza in cui abbiamo il privilegio di vivere? Oppure di impedire fisicamente a certe categorie di turisti di entrare in città? Siamo seri. Il presupposto da cui dovrebbe partire ogni ragionamento, che coinvolge tutte le Istituzioni presenti e passate, dal Comune al Governo Nazionale, è che infrastrutture e servizi sono le stesse di quando questo enorme flusso turistico non esisteva.
Considerazione lapalissiana finché volete, ma è così. Anzi, se a questo aggiungiamo che in molti casi le infrastrutture non sono sufficienti neppure per i residenti, come possiamo pensare che lo siano anche per soddisfare le esigenze dei turisti? È ovvio che il sistema non funzioni. Penso ai trasporti, ai servizi informativi, alla viabilità e, naturalmente, alle strutture ricettive.
In quest’ottica trovo paradossale che, pur riconoscendo la necessità di un’offerta residenziale accessibile per i comaschi, si pensi di utilizzare l’area della Ticosa per fare un parcheggio. Quella zona deve essere ripensata in funzione delle persone, non delle auto. Occorrono azioni immediate e concrete, basate su una visione strategica, perché limitarsi a inseguire i “trend topic” del giorno produce like, ma non risultati tangibili.
E badi bene, Direttore, abbiamo tutti il dovere di essere intellettualmente onesti nel fare un po’ di sana autocritica e riconoscere che questa palese mancanza di visione non possa essere imputata soltanto all’attuale amministrazione comunale, ma anche a quelle che l’hanno preceduta, oltre che ad una filiera di istituzioni e categorie che ha faticato non poco a fare sistema. Governare una grande opportunità come il turismo non può essere una responsabilità di parte, perché solo unendo il meglio di esperienze, forze e intelligenze si troveranno le soluzioni e si comincerà, finalmente, a ragionare in termini di addizione e non di sottrazione.
Da ormai diversi anni ho l’onore di collaborare con l’International Academy of Tourism and Hospitality (IATH Academy) di Cernobbio, eccellenza assoluta del nostro territorio. Questo ruolo mi ha dato la preziosa opportunità di lavorare a stretto contatto con molti giovani studenti, sia del luogo che provenienti da altre parti d’Italia e d’Europa, e di confrontarmi con la loro prospettiva su progetti concreti incentrati sulla realtà locale: dal turismo, al fenomeno dei nomadi digitali, alla storia dei Maestri Comacini.
Como è ormai un grande brand internazionale (a questo proposito, basti pensare che esistono circa 18 Lake Como in giro per il mondo). Ciò significa che ogni iniziativa avviata, oltre alla sua finalità specifica, sortisce un impatto anche in termini di city branding, con la conseguenza che siamo tutti investiti da un’enorme responsabilità.
C’è molto da fare, ma tanto può essere realizzato attraverso l’innovazione, la digitalizzazione e la smaterializzazione di servizi che, passo dopo passo, mettano Como allo stesso livello delle altre grandi mete internazionali, trasformandola in una vera e propria Community. Si tratta di servizi che gioveranno non solo ai turisti, ma anche ai residenti e che, per questo, contribuiranno sempre di più ad assottigliare questa differenza, umanizzando – appunto – il fenomeno. Insomma, al netto del business, viviamo il turismo come grande opportunità di innovazione e di crescita della nostra qualità di vita e, anziché limitarci a ragionare, cominciamo a “fare” perché altrimenti, tra non molto, più che dall’overturism, dovremo guardarci dagli effetti dell’overthinking.