«A quelli che pensano che quello che è successo sia una scusa per la violenza dico che non ho per loro nessuna solidarietà, nessuna solidarietà per chi distrugge le proprie comunità. Ci sono modi produttivi di rispondere ed esprimere queste frustrazioni e ci sono modi distruttivi come bruciare gli edifici, dare fuoco alle macchine, distruggere proprietà e mettere le persone a rischio, questi sono modi distruttivi che non possono essere scusati. Sono azioni criminali e le persone devono essere perseguite se compiono atti criminali».
No, non sono parole di Donald Trump, ma quelle che il suo predecessore Barack Obama pronunciò rivolgendosi alla nazione il 25 novembre del 2014, a seguito degli incidenti che seguirono alla decisione con cui il Grand Jury di non incriminare il poliziotto che uccise il diciottenne Mike Brown a Ferguson, nel Missouri.
Oggi, a distanza di 6 anni, l’America è messa a ferro e fuoco da chi ha preso a pretesto la morte di George Floyd per alzare il livello dello scontro scatenandosi in un crescendo di atti di guerriglia e saccheggi, le cui immagini parlano drammaticamente chiaro, non lasciando spazio ad alcun tipo di interpretazione.
La differenza sta nei commenti dei soliti media mainstream. Nel 2014, con Obama alla Casa Bianca, era colpa «dell’America violenta», mentre oggi è l’America violenta a essere «colpa di Trump».
Un atteggiamento che non mi sorprende affatto, che è lo stesso che approfondimmo nel nostro speciale sulla disparità di trattamento riservata ai due, con la prima parte focalizzata sull’immigrazione e la seconda alla politica estera, dove il paragone appare addirittura impietoso, con il Nobel per la Pace Obama che dal 2009 in poi sganciò decine di migliaia di bombe su ben 7 paesi.
Ciò che lascia esterrefatti è la cecità con cui politici e opinion maker si ostinano a giustificare atti di violenza e di odio sociale perpetrati da movimenti eversivi come quello degli Antifa che, come spiegavo nell’editoriale di ieri, utilizzano anch’essi lo spauracchio del fascismo per giustificare furti e devastazioni che, come correttamente diceva anche Obama, non hanno nulla a che vedere con le proteste civili contro le discriminazioni.
Un’ultima considerazione su questo punto voglio farla tornando su Obama, che due giorni fa è intervenuto per riversare tutte le colpe su Trump affermando che «che nell’America del 2020 è ancora ‘normale’ trattare diversamente le persone in base alla razza» sancendo, di fatto, il totale fallimento dei suoi 8 anni alla Casa Bianca. That’s it.