Durante la sua diretta su Orwell.live, Steve Bannon ha elogiato Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Sulla leader di Fratelli d’Italia ha avuto parole al miele, prevedendo un grande futuro per lei.
L’ex Capo Stratega della Casa Bianca sta tentando di far attecchire le sue idee in Europa, dopo aver condotto Donald Trump alla vittoria nel 2016.
Oltre al dubbio che aleggia sulla riuscita dell’operazione, occorre anche andare a vedere verso quali interpreti, nei singoli Stati, sia rivolto l’occhio di Bannon.
Al di là di Lega e Fratelli d’Italia, qual è la situazione dei partiti sovranisti e populisti in Europa? In che stato di salute versano?
Iniziamo dallo Stivale. Dopo la fine del Governo gialloverde, la Lega di Matteo Salvini è più in difficoltà, stando ai sondaggi, rispetto ai massimi storici toccati alle Politiche del 2018 e alle Europee del 2019. I voti comunque, non sono finiti ad un altro schieramento politico – nonostante la crescita del Partito Democratico – ma, causa difficoltà ancora maggiori da parte del Movimento 5 Stelle, è proprio verso il partito guidato da Giorgia Meloni che questi consensi si dirigono.
La Meloni, specialmente da settembre 2019, sta avanzando costantemente nei sondaggi, toccando picchi che erano propri degli anni migliori di Alleanza Nazionale. L’asse sovranista italiano, sebbene sia – per distacco – la prima coalizione nel Paese ha, però, un problema interno, chiamato Silvio Berlusconi. Il Cavaliere – occorre dire che Forza Italia non è minimamente paragonabile ai fasti di un tempo – resta fondamentale e imprescindibile per la tenuta di un eventuale governo di centro-destra. Sia per la percentuale di consensi – fra il 6% e l’8% – sia per il ruolo che il partito di Berlusconi ha in Europa.
Le prossime elezioni – regionali e comunali – sono vicine e la voce del centro-destra italiano è la stessa: restiamo uniti. Resta da chiedersi, semmai, quanto questa unità avvantaggi taluni e danneggi altri. E, chiaramente, per quanto tempo reggerà questa alleanza?
In Europa, invece, i colleghi di Salvini e Meloni come se la passano?
Iniziamo dalla Germania. Alle ultime elezioni politiche, l’Alternative für Deutschland (Afd) ha ottenuto un risultato elettorale significativo. In Sassonia è arrivato secondo con il 27.5% dei consensi, dietro alla Cdu della Merkel e a Brandeburgo subito dietro alla Spd con il 23.5%. Alle Europee del 2019, invece, l’Afd ha ottenuto il 10.5% a livello nazionale ed è stato primo partito in Sassonia e Brandeburgo.
In Francia, invece, il Rassemblement National di Marine Le Pen ha ottenuto il 23.3% alle Europee dello scorso maggio, risultando, di poco, il primo partito. Alle presidenziali del 2017, invece, la Le Pen arrivò al ballottaggio contro Emmanuel Macron.
In Spagna, al contrario, i conservatori di Vox ha ottenuto rispettivamente il 15.08% alle elezioni generali del novembre 2019 – dopo aver preso il 10.26% ad aprile – e il 6.2% alle Europee di maggio 2019.
E fuori dai Paesi più grandi, invece?
Il Partij voor de Vrijheid di Geert Wilders in Olanda è andato male alle Europee, raccogliendo il 3.5% dei consensi. I fiamminghi di estrema destra di Vlaams Belang, invece, nelle doppie elezioni – politiche ed europee 2019 – hanno ottenuto il 12% dei consensi.
La situazione cambia quando ci si sposta in Ungheria o Polonia, ad esempio. In Ungheria, Viktor Orban e il suo Fidesz (con annessa travagliata esperienza nel Partito Popolare Europeo) sono al Governo. In Polonia il Prawo i Sprawiedliwość che esprime due esponenti, Andrzej Duda e Mateusz Morawiecki quali Presidente e Primo Ministro, è al Governo dal 2015 e ha vinto il ballottaggio del 12 luglio. La scorsa domenica Duda ha battuto con il 51.03% il sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski – fermatosi al 48.97% – in una lotta all’ultimo voto. Il Covid non ha cambiato la scena politica della Polonia e la vittoria di Duda rappresenta un punto d’oro per i sovranisti.
Il contesto, dunque, in questi due Stati cambia poiché chi li governa è ritenuto politicamente estremista e, dunque, altri partiti di destra presenti sul territorio non sfondano.
La situazione, da una prima e rapida analisi, dice che dopo Polonia e Ungheria, è l’Italia il Paese in cui i sovranisti raccolgono più consensi. Subito dopo troviamo la Francia e, più distaccata, la Germania. La situazione tedesca è simile a quella in Spagna o Belgio.
Purtroppo, nell’analisi, non rientra il Regno Unito, causa Brexit. Curioso, diremmo. Poiché il Brexit Party – che ha trionfato alle Europee del 2014 con il 31% – ha sottratto voti all’UKIP che, infatti, alle ultime Europee ha raccolto solo il 3.22%. Storicamente, però, la destra non sfonda nel Regno Unito: le sue percentuali sono sempre state irrisorie.
L’attuale stato dell’arte in Europa, dunque, ci dice che escluso dove la destra governa, è in Italia che raccoglie più consensi. In generale, però, si nota come vi sia una maggiore difficoltà nel migliorare i consensi, esclusi alcuni casi (Fratelli d’Italia e Vox, ad esempio).
Chiaramente le differenze fra Europa e Stati Uniti sono palpabili. Negli Usa Trump ha polarizzato un Partito Repubblicano che tendeva già verso destra e, comunque, la sfida per la Casa Bianca è una sfida a due dove, oltre al codice genetico rappresentato dal partito di appartenenza degli elettori, conta anche la persona che lo rappresenta. In Europa i sistemi di elezioni sono fra i più differenti e, in alcuni casi – Italia su tutti – non si elegge direttamente il Presidente o il Capo dell’Esecutivo.
Arriveranno prossime elezioni e, con esse, novità politiche e non solo.
Bannon ha lanciato la sua sfida.
La destra europea la raccoglierà oppure preferirà non far attecchire delle idee di base differenti rispetto a quelle che hanno segnato la storia recente dei sovranisti?