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Europa e Big Tech, l’equità che manca

Con la sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia europea  che ha annullato a Apple una multa da 13 miliardi di euro, si riaccende il dibattito sullo strapotere delle multinazionali della tecnologia in Europa.

Oltre che per i vantaggi fiscali, i Big Tech sono finiti spesso sotto inchiesta per presunti abusi di posizione dominante e usi illegittimi dei dati. Da diversi anni si parla di Web tax per tassare i profitti generati in Europa,ma fino ad oggi sembra lettera morta. Nonostante le buone intenzioni manifestate dalla Commissione europea per attuare misure a favore della concorrenza, la strada sembra ancora lunga.

Le decisione della Corte che ha fatto discutere

Il caso, che ha visto contrapposti la Commissione europea e la multinazionale americana, riguardava accordi fiscali che Apple aveva sottoscritto con Dublino nel 1991 e nel 2007 permettendo al gruppo di pagare un’aliquota inferiore all’1% sui profitti realizzati in Europa (per scendere allo 0,005% nel 2014). Così nel 2016 la Commissione europea ha emesso un ordine per  recuperare le tasse non pagate nel paese da Apple per gli anni compresi tra il 2003 e il 2013 per una cifra intorno ai 13 miliardi di euro, più gli interessi. Secondo la Commissione si trattava di un aiuto di stato illegale. L’azienda di Cupertino ha fatto ricorso alla Corte che la scorsa settimana le ha dato ragione, spiegando che le autorità irlandesi non hanno violato alcune legge.

Il faro dell’Antitrust su Apple e Amazon

Se la decisione della Corte rappresenta un atto ormai validato, per Apple è arrivata una brutta tegola. Infatti il Garante italiano per la concorrenza ha avviato  un’istruttoria per accertare se insieme ad Amazon abbia messo in atto un’intesa restrittiva per vietare la vendita di prodotti a marchio Apple e Beats da parte dei rivenditori di elettronica non aderenti al programma ufficiale Apple. L’indagine è partita da una denuncia di un  rivenditore. Secondo l’Autorità l’accordo per escludere dal marketplace alcuni soggetti ridurrebbe la concorrenza e limiterebbe lo sbocco dei mercati della vendita on line a danno dei rivenditori non ufficiali, costituiti solitamente da piccole e medie imprese che effettuano appunto vendite sul web utilizzando i servizi di marketplace.

L’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea infatti vieta accordi fra imprese che possano eliminare la concorrenza. Intanto i  funzionari dell’Autorità hanno svolto ispezioni nelle sedi di Amazon e Apple.

Ue e Big Tech: c’è ancora molto da fare

La sentenza della Corte dimostra che da parte dell’Europa occorrono norme più severe per limitare lo strapotere delle multinazionali, innanzitutto sotto l’aspetto fiscale. Proprio nel giorno della sentenza il Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni ha dichiarato che la Commissione sta lavorando a un pacchetto di misure per garantire un’equità fiscale, ma che partiranno dal prossimo anno.

Anche sotto l’aspetto dell’abuso di posizione dominante e della raccolta dei dati occorre più vigilanza. La scorsa settimana il Commissario alla concorrenza Margrethe Vestager, ha aperto un’indagine preliminare per valutare se i big player operano nel rispetto della legge.

Insomma dopo le parole l’auspicio è che da Bruxelles possa arrivare una soluzione che garantisca giustizia e equità.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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