Dietro quei ragazzi che consegnano cibo in bicicletta o accompagnano persone in auto c’è un’economia dietro che necessita regolamentazioni per evitare sfruttamenti e soprusi. Si tratta della gig-economy, una forma di organizzazione che viaggia sulle piattaforme online e che si basa sul lavoro a chiamata.
Se fino a qualche anno fa la maggior parte dei lavoratori della gig-economy svolgevano l’attività saltuariamente, oggi è diventata una professione a tempo pieno. Con le restrizioni dovute al Covid 19, ristoranti e bar hanno sottoscritto contratti con compagnie di consegna per recapitare cibo ai propri clienti. Nonostante sia aumentato il lavoro, i rider lavorano ancora in condizioni precarie e, inevitabilmente, stanno pagando di più le spese dei vuoti normativi.
L’ultima pronuncia al riguardo è la Proposition 22, referendum che si è svolto in California lo scorso 3 novembre e che ha riconosciuto gli autisti di Uber e Lync come lavoratori autonomi, spaccando in due il dibattito. Da una parte ci sono le multinazionali che intendono esportare il proprio modello di business nel mondo; dall’altra le associazioni e i sindacati che chiedono che i gig-workres vengano riconosciuti come lavoratori dipendenti.
Uber, principale promotrice del referendum, ha dichiarato di voler avanti con iniziative come la Prop 22, dialogando con i governi degli Stati Uniti e di tutto il mondo. Diversa la reazione del California Labour Federation, sindacato con sede a Oackland, secondo cui il risultato dimostra lo strapotere delle multinazionali a svantaggio degli autisti e dei ciclofattorini. Ad oggi la California è l’unico stato a stelle e strisce in cui i gig-workers vengono inquadrati come autonomi. La nuova norma comunque prevede che le aziende appaltatrici come Uber e Lyft, sostengano contributi al collaboratore come l’assicurazione e i rimborsi medici.
In Europa c’è ancora molta frammentazione in materia, tanto che a seconda dei paesi sono considerati dipendenti o autonomi. In Italia Just Eat è il primo servizio di consegna che dal 2021 assumerà con un contratto di lavoro dipendente i riders, che passano alla paga oraria e non più a consegna. Quanto alle altre piattaforme, è in corso un tavolo di confronto tra Assodelivery (associazione che riunisce Deliveroo, Glovo, Uber Eats e Social Food), sindacati e Ministero del Lavoro, per trovare una soluzione definitiva al problema del lavoro rider ma ancora non si è arrivati a nessuna conclusione.