Il nuovo presidente aveva prestato giuramento ai piedi del Campidoglio poco meno di 24 ore prima eppure sabato, le strade delle principali città degli Stati Uniti sono state invase da migliaia di donne che non intendono rassegnarsi all’idea di quattro anni a trazione Trump. Atti di guerriglia come quelli di venerdì e le manifestazioni sabato sono, insieme all’ostilità dei media e di gran parte della classe politica, l’ossatura su cui da qui ai prossimi mesi verrà costruita una serie di attacchi concentrici che hanno un obiettivo soltanto: l’impeachment. D’altronde, se è vero che da una parte Donald Trump ha dimostrato durante tutta la campagna elettorale di essere abilissimo a trarre linfa vitale dagli attacchi che subisce, dall’altra dovrà stare molto attento a non alterare equilibri che potrebbero seriamente comprometterne il cammino. «Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla», disse il filosofo spagnolo George Santayana, e allora ci prendiamo la libertà di dare 3 consigli al neo presidente servendoci di alcuni pezzi della storia recente del nostro paese che, non a caso, riguardano un certo Silvio Berlusconi.
1 – Non illuderti che lo Stato diventerà la tua Azienda
Qui a Washington, un caro amico mi ha fatto notare una scena che è la metafora perfetta del concetto a cui arriverò tra poco. Prima del giuramento, gli Obama accolgono Trump e consorte sulla porta della Casa Bianca, a quel punto Melania consegna un regalo a Michelle, che si guarda attorno spaesata perché non puo’ mettersi in posa per la foto di rito con una scatola in mano. Per un attimo Trump guarda i due militari che stavano dietro di loro che, però, non battono ciglio e rimangono immobili nella loro posizione di saluto. Alla fine ha dovuto pensarci Obama, che ha preso il pacco dalle mani della moglie ed è tornato all’interno della Casa Bianca per appoggiarlo da qualche parte. Ebbene, l’immagine dei militari fermi di fronte a un’impellenza – per quanto banale – del nuovo Presidente, rappresenta plasticamente il concetto di rispetto delle regole. Questo per dire che da ora in poi, Trump non avrà più a che fare con dipendenti scodinzolanti, ma con Membri del Congresso, Senatori, alti ufficiali dell’Esercito e Giudici, giusto per citarne qualcuno. Lo Stato, insomma.
2 – Abituati alle critiche
Da uomo vincente e abile comunicatore quale è, Donald Trump dovrebbe imparare che a volte è meglio ammettere i propri errori, piuttosto che dare sempre la colpa a qualcun altro. Ad esempio, giunto in visita alla CIA, se l’è presa con i media per gli articoli con cui hanno messo in evidenza che i due Inauguration Day di Obama furono molto più affollati del suo, come per altro dimostrano le immagini. Un atteggiamento che ricorda molto da vicino quello del nostro ex premier, accomunato a Trump da una marcata tendenza al rifiuto dell’essere messo in discussione molto probabilmente figlia dei successi nel campo imprenditoriale ma che, nella vita pubblica, è una delle peculiarità che colpiscono maggiormente gli elettori.
3 – Non circondarti di yes men
La parabola discendente di Berlusconi comincia nell’esatto istante in cui si convince che fosse necessario eliminare alla radice il problema degli alleati «a causa dei quali non ho potuto fare le riforme» e della sempre più numerosa schiera dei voltagabbana, approvando una legge elettorale (il Porcellum) che gli consentisse di nominare personalmente le persone da portare in Parlamento. Così facendo, ha eliminato qualsiasi contatto tra il territorio e gli eletti e ha sancito un taglio netto con il concetto di meritocrazia, riducendo i partiti alla funzione di meri comitati elettorali. Il problema è che oltre a produrre danni irreparabili, lo schema dell’affidabilità del Parlamento composto da nominati non ha nemmeno funzionato: ormai esiste una casistica vicina all’infinito di personaggi che, in tutti gli schieramenti, un giorno giuravano fedeltà eterna al capo, e il giorno dopo cambiavano casacca. Riallacciandomi al punto precedente, se Trump vorrà durare, dovrà avvalersi di consiglieri capaci di fargli notare sopratutto le cose che non vanno.