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Comunicazione

Caso Conte: se nell’era della comunicazione il problema è la comunicazione

La giornata di ieri è stata caratterizzata dalla polemica relativa al curriculum vitae di Giuseppe Conte: stando alle verifiche svolte da New York Times e altre testate, il Presidente del Consiglio indicato a Mattarella da Salvini e Di Maio avrebbe citato nella sua biografia una serie di università straniere presso le quali avrebbe svolto “perfezionamenti” dei suoi studi giuridici di cui, però, non vi sarebbe traccia. Vero o no poco cambia, perché nelle ultime 24 ore il “caso Conte” ha pressoché cannibalizzato l’intera scena politica nazionale, rimbalzando anche su una moltitudine di testate mainstream internazionali. Naturale che le analisi politiche si sprechino ma, a mio avviso, una riflessione la merita anche la gestione dal punto di vista della comunicazione, sopratutto in virtù del fatto che essa determina effetti dal punto di vista politico.

Eppure, appare paradossale come due politici assurti a leader sopratutto in ragione della loro mediaticità stiano gestendo la crisi limitandosi, peraltro solo nel tardo pomeriggio, a rintuzzare le accuse definendole “attacchi contro il cambiamento”. Oggettivamente poco, per chi è in procinto di salire l’ultimo gradino per giungere al governo del Paese dopo un cammino a dir poco tortuoso.

Ora, volendo credere nella buona fede del Prof. Conte, su cui sono arrivate testimonianze come quella rilasciata all’Huffington Post dal suo ex allievo Ettore Lombardi, ci sono alcune azioni che andrebbero intraprese tempestivamente per far sì che la barca non affondi.

La prima è certamente quella di far uscire allo scoperto il diretto interessato, con un video in cui chiarisca – possibilmente entrando nel dettaglio – la sua posizione davanti agli italiani. Pochi minuti, diretto e sincero. D’altra parte, se è umanamente comprensibile che egli non sia abituato a pressioni così forti, è altrettanto vero che se intende fare il capo del Governo dovrà farsene una ragione e imparare in fretta a conviverci.

Se gestito bene, questo passaggio potrebbe addirittura tornare a suo vantaggio, trasformandosi nell’occasione per “connettersi” con gli italiani che sarà tenuto a rappresentare pur non essendosi formalmente candidato alle elezioni.

A chi sarà chiamato a concretizzare l’operazione insieme a lui suggerisco di spendere un quarto d’ora per riguardarsi come, nel settembre di otto anni fa, l’allora Presidente della Camera Gianfranco Fini rispose alle polemiche relative allo scandalo della “Casa di Montecarlo”: fece sì un video, ma affermando il falso, e la cosa non potè che ritorcerglisi contro distruggendo, di fatto, la sua carriera politica. Idem dicasi per Matteo Renzi che, nel 2014, compromise (forse) irreparabilmente la sua credibilità affermando a più riprese che se avesse perso il referendum avrebbe lasciato la politica. Oltretutto qui parliamo di leader che, nelle rispettive epoche e fazioni politiche, godevano di popolarità e legittimazione, due elementi che evidentemente non rientrano nella disponibilità di Conte. Questo per ribadire il concetto che sarà fondamentale far emergere il vero Giuseppe Conte: meglio, nel caso, ammettere pubblicamente un’ingenuità, piuttosto che mentire per poi essere smentiti dai fatti.

Una volta chiarita la questione, la seconda cosa che Conte dovrà immediatamente fare, sarà quella di spostare l’attenzione su altro, possibilmente una sua presa di posizione politica, magari proprio sul modo in cui intenderà interpretare un ruolo delicato come quello del Presidente del Consiglio: un’iniziativa del genere contribuirebbe a riportare la politica al centro del dibattito togliendo, di fatto, il Presidente Mattarella dalla situazione imbarazzante in cui si trova. Ritengo che agendo in questo modo non soltanto Conte, ma anche e sopratutto Di Maio e Salvini uscirebbero dall’angolo evitando che l’attesa si dilati ulteriormente poiché – e di questo ne sono perfettamente consapevoli – in questa fase più tempo passa e più le possibilità che Giuseppe Conte riceva l’incarico si assottigliano.

Per questo occorre che si muovano subito, a meno che non siano già entrati nell’ordine di idee di cambiare cavallo.

Alessandro Nardone

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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