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Digitalizzazione: i musei italiani sono ancora indietro

Nonostante i musei del nostro Paese siano fra i più visitati al mondo per il prestigio delle opere d’arte che conservano, a oggi rimangono piuttosto arretrati in quanto a uso delle nuove tecnologie. A dirlo è uno studio dell’Istat che rileva che, nel mondo museale italiano, la digitalizzazione ancora non si è completata. Il ritardo riguarda sia la catalogazione che l’esperienza del pubblico.

Come nell’industria, anche nella cultura la digitalizzazione rimane la chiave per restare competitivi sul mercato. Ebbene, in Italia, quasi certamente per miopia politica e burocratica, pare che non si sia compreso pienamente questo concetto, lasciando il nostro tesoro artistico funzionare con vecchi sistemi. A parte poche eccezioni, la maggior parte dei musei pubblici italiani si sta dimostrando arretrata rispetto ai concorrenti internazionali. Gli unici elementi positivi riguardano l’uso dei social-network e la vendita online dei biglietti.

I NUMERI

Dal rapporto “L’Italia dei musei” emerge che, nel nostro Paese, solo un museo su dieci ha effettuato la catalogazione digitale del patrimonio posseduto. Di questi, circa un terzo (37,4%) ha già completato il processo di digitalizzazione, due terzi hanno avviato le attività di digitalizzazione ma hanno coperto solo metà dei beni e delle collezioni disponibili.

Sono soprattutto le gallerie di arte antica (23%) ad avere una lista in digitale, seguite da quelle di storia e di scienze naturale (16%). Se pensiamo a quello che mettono a disposizione online musei come il Guggenheim o il Metropolitan di New York (che però sono privati) ci rendiamo conto di quando i nostri musei pubblici siano indietro.

Negli ultimi anni l’utilizzo di tecnologie interattive e di strumenti digitali ha reso possibile anche arricchire l’esperienza di visita del visitatore, coinvolgendolo nel racconto delle opere o permettendo di compiere tour virtuali. Anche in questo settore, però, la mentalità dei dirigenti pubblici dei museali italiani sembra essere piuttosto arretrata. Meno della metà delle strutture censite (44,7%) mette a disposizione almeno un dispositivo: tra smartphone, tablet, touch screen, supporti alla visita come sale video e/o multimediali, tecnologia QR-code o percorsi di realtà aumentata.

Ciò che si salva è la comunicazione. Infatti, la metà degli istituti ha un sito web dedicato (51,1%) e il 53,4% un account sui più importanti social media (Facebook, Twitter, Instragram). Negli ultimi tre anni è raddoppiato il numero di strutture che offrono la possibilità di comprare biglietti online (dal 6,6% del 2015 al 14% nel 2018), mentre cresce il numero di strutture che mettono a disposizione della propria utenza la connessione Wi-Fi gratuita (dal 18,6% del 2015 al 25,1% del 2018). Il 38,4% degli istituti museali pubblica sul web dei link a mappe digitali o coordinate geografiche utili alla geo-localizzazione della struttura e un museo su dieci (9,9%) offre la possibilità di visitare virtualmente le proprie sale.

GLI ESEMPI POSITIVI

In quadro così incerto esistono comunque esempi positivi di innovazione. Il Miac, Museo italiano audiovisivo e cinema di Roma, grazie alle tecnologie di realtà virtuale regala ai fruitori forti emozioni. Sul piano dell’educazione, invece, va segnala l’iniziativa della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino che rappresenta un vero e proprio modello da seguire.

Per avvicinare i più giovani al mondo dell’arte l’amministrazione del museo ha puntato sul videogioco Minecraft educational in cui gli studenti sono stati chiamati a realizzare contenuti sulla vita di Raffello per inserirli all’interno del gioco.

Negli ultimi anni stanno giocando un ruolo strategico le fondazioni che aiutano i musei a valorizzare il proprio patrimonio in chiave innovativa. Fra queste la Fondazione Cariplo in Lombardia e quella Ibm Italia che, dal 1999, fornisce supporti informatici per tutti gli spazio espositivi che lo richiedano. La collaborazione si è estesa anche alle mostre temporanee, con la messa a disposizione del pubblico di dispositivi per visualizzare le informazioni delle produzioni artistiche e degli autori.

Tutti casi che dimostrano che l’innovazione tecnologica migliora l’offerta dei musei sotto tutti gli aspetti. Ad oggi, però, in Italia manca una piena consapevolezza di questo e un reale impegno del Ministero.

 

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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