Amiamo, odiamo, rimpiangiamo. Fondamentalmente sono queste le tre fasi che hanno caratterizzato il rapporto tra noi italiani ed i leader da cui ci siamo fatti guidare, un atteggiamento scolpito talmente a fondo nel nostro Dna da averlo applicato, pari pari, anche ad altri ambiti, dai campanilismi d’ogni sorta allo sport, dai rapporti professionali alle relazioni personali.
La parabola di Bettino Craxi è senza dubbio un caso emblematico di questa nostra peculiarità, grazie al quale affiora in superficie l’incapacità, manifesta e diffusa, di mantenere un equilibrio che non ci faccia sprofondare nel baratro delle divisioni tribali che è tra i limiti più evidenti di un popolo altrimenti con ben pochi rivali in grado di tenerne il passo.
Certo, oltre che per gli errori commessi e ammessi, l’ex leader socialista e presidente del Consiglio ha certamente pagato dazio per il proprio carisma, ingombrante come un macigno per molti di quelli che, dovendo condividere il palcoscenico con lui, al suo fianco si sentivano giocoforza dei comprimari.
D’altra parte per questo motivo si trovò appiccicato addosso lo status di bersaglio grosso da colpire e abbattere per significare che sì, giustizia era stata mediaticamente fatta. Mediaticità che, come vediamo nelle cronache dei giorni nostri, ha assunto probabilmente più rilevanza rispetto alla verità stessa.
Vero, il tempo è galantuomo e molto spesso lava via le incrostazioni restituendoci i fatti e le persone per quelli che in realtà sono; peccato però che continui inesorabilmente a scorrere, talvolta portando i malcapitati a fine corsa, senza che possano godersi la nuova alba della loro onorabilità.