In un paese con un qualche residuo barlume di civiltà, i bambini dovrebbero essere parte di quel minimo comune denominatore valoriale nel quale tutti si riconoscono, a prescindere dalle convinzioni di ognuno. Riflettendo su questo concetto mi sono tornate alla mente le radici giudaico-cristiane la cui omissione dalla convenzione europea (poi bocciata nel 2007) fece infuriare Papa Giovanni Paolo II che, in quella circostanza affermò – con il coraggio che lo caratterizzò per tutta la sua esistenza – che «non si tagliano le radici dalle quali si è nati!». Frase che dovrebbe essere l’incipit di un ipotetico manifesto per un rinascimento non soltanto europeo ma, a cascata, anche nazionale e infine personale.
Le radici significano casa, famiglia, comunità, storia, tradizioni, terra e perfino sangue, ovvero gli elementi di cui l’albero della civiltà umana si nutre e grazie ai quali può protendere i propri rami verso il cielo e, al contempo, rimanere ben ancorato a terra.
Guarda caso, sono anche gli stessi componenti che i sacerdoti del pensiero unico tentano di diluire sempre di più, nel tentativo di offrircene una sorta di versione omeopatica da somministrarci di tanto in tanto, giusto per provocare quell’effetto placebo in grado di illuderci che il peggio sia passato. Attentati, elezioni nazionali o sovranazionali, guerre, morti di personaggi di primo piano, ricorrenze storiche, catastrofi naturali, scandali politico-giudiziari, crisi economiche: tutte circostanze in luogo delle quali leggiamo e sentiamo gli stessi appelli all’unità e ai valori comuni che puntualmente, passata la buriana, tornano nel nulla da cui erano venuti.
Accade sempre. Da Ustica alla strage del Cermis, dall’11 settembre a Nassirya, dal terremoto all’Aquila a quello di Amatrice, dagli scandali che a vario titolo nel corso degli anni hanno coinvolto politici, prelati, finanzieri, faccendieri e financo magistrati. Dopo il picco iniziale di raccoglimento o indignazione (dipende dal caso), ci si lascia travolgere dalla partigianeria per poi, improvvisamente, smettere di parlarne.
Se solo – tutti, dai media all’opinione pubblica – avessero profuso la stessa attenzione e la medesima costanza dedicate con una certa morbosità nel corso degli anni a casi poi divenuti artatamente mediatici come quello (giusto per fare un esempio) di Avetrana, oggi, con ogni probabilità su una questione come quella di Bibbiano non esisterebbe discussione, nel senso che sarebbero tutti concordi – da destra a sinistra – sul fatto che parlarne con oggettività sia non soltanto giusto, ma che assuma un’indubbia utilità di carattere sociale anche in termini di emersione di altri casi infondendo, cioè, il coraggio necessario per uscire allo scoperto a persone che magari hanno vissuto nel silenzio di solitudine e paura drammi di questo tipo.
Chi ha visto Il caso Spotlight e ne conosce la storia avrà certamente intuito a cosa mi riferisco: si tratta di uno splendido film basato sull’inchiesta realizzata dalla squadra giornalistica del Boston Globe ribattezzata Spotlight che, nel 2001, portò alla luce il più clamoroso scandalo di pedofilia a sfondo religioso, rendendo noti gli abusi perpretrati ai danni di minori – alla fine saranno ben 159 i preti dell’arcidiocesi di Boston coinvolti – e il relativo atteggiamento omertoso della Chiesa che, a seguito del suddetto scandalo, “suggerì” le dimissioni al cardinale Bernard Francis Law (che, finché potette, tentò di coprire lo scandalo) affidandogli poi l’incarico di arciprete della Basilica di Santa maria Maggiore, a Roma. Promoveatur ut amoveatur.
Come raccontato dalla scena finale del film, a seguito dell’inchiesta furono tantissime le persone che si misero in contatto con la redazione del Boston Globe per raccontare gli abusi subiti, tant’è che il quotidiano diede seguito all’inchiesta pubblicando più di 600 tra articoli e interviste; a questo proposito il reporter di Spotlight Michael Rezendes, a margine dell’uscita del film, raccontò che «a quel punto la diga era esplosa. C’erano tutte quelle vittime che pensavano di essere sole e soffrivano in silenzio che, all’improvviso, si resero conto di non esserlo e così molte di loro vollero parlarne».
Per questo insistere nel tenere alta l’attenzione su fatti a dir poco inquietanti come quelli di Bibbiano non soltanto è giusto, ma è una battaglia sacrosanta che è vergognoso edulcorare o parzializzare nel tentativo di lavarsi la coscienza (potendo, sostanzialmente, dire «ma noi ne stiamo parlando») pubblicando contenuti che finiscono col diventare una sorta di product placement per la narrazione di chi ha interesse a che determinati dettagli non “arrivivino” alla massa.
I fatti sono fatti, giusto? E anche su questi occorre investire alcuni minuti per fare un breve resoconto:
- Tanto per cominciare, il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti era – a detta del Gip, non di Matteo Salvini – «pienamente consapevole della totale illiceità del sistema descritto e della assenza di qualunque forma di procedura ad evidenza pubblica volta all’affidamento del servizio pubblico di psicoterapia a soggetti privati»;
- Oggi, quattro dei sette bambini coinvolti nell’inchiesta ribattezzata “Angeli e demoni” sono stati riaffidati alle famiglie naturali smentendo – peraltro – chi soltanto ieri affermava che gli affidamenti andassero rifatti;
- In almeno due casi, i bambini tolti alle famiglie hanno subito violenze di carattere sessuale nelle famiglie affidatarie;
- Nonostante la revoca della misura cautelare, Claudio Foti, presidente della Onlus Hansel e Gretel, rimane indagato;
- Uno dei minori coinvolti è stato dato in affido alla ex compagna di Federica Anghinolfi, assistente sociale tutt’ora agli arresti domiciliari;
- Certo, è falso nonché fuorviante definire l’EMDR “elettroshock”, ma è altresì vero che si tratta di una terapia che apre dei varchi emozionali che, considerando la giovanissima età dei pazienti, potrebbero effettivamente essere sfruttati da malintenzionati al fine di inoculare la loro versione nelle menti dei propri giovani pazienti;
- Last but not least, parliamo di reati (contestati) quali il maltrattamento su minori, l’abuso d’ufficio, la frode processuale, il depistaggio, lesioni gravissime, la violenza privata, il falso in atto pubblico, la tentata estorsione e il peculato d’uso;
Ora, ci dispiace immensamente, ma che il sindaco fosse del PD è un dato di fatto incontrovertibile, così come appare evidente a chiunque come, in quell’area, sia diffusa la tendenza a fare i manettari con i polsi degli altri e i garantisti con i propri. Pensiamo, giusto per fare un esempio, al furioso j’accuse scatenato contro Salvini quando, il 3 febbraio 2018, un pazzo criminale di nome Traini Luca sparò – grazie al Cielo senza uccidere nessuno – a sei immigrati, a suo dire per vendicare l’assassinio di Pamela Mastopietro. Ebbene, bastò scoprire che il delinquente in questione si fosse candidato un anno prima nelle liste della Lega Nord a Corridonia, peraltro ottenendo zero preferenze, per alimentare una slavina – quella sì – di propaganda e disinformazione, di proporzioni tali (è sufficiente che cerchiate “salvini traini” su Google) da far impallidire la Volante Rossa.
E allora, vale la pena tornare al punto di partenza, a quelle radici evocate da Papa Giovanni Paolo II che, poi, sono le stesse dalle quali ieri furono strappati i bambini di Boston, così come oggi quelli di Bibbiano: le radici che non soltanto li legavano alla loro famiglia naturale, ma che avrebbero anche dovuto consentirgli di far crescere i rami delle loro vite verso il cielo, anziché costringerli a utilizzarli per rinfocolare le fiamme dell’inferno personale di carnefici travestiti da benefattori.