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Politica

Stateve zitti!

Non mi vergogno ad ammettere che non ero affatto sicuro di scrivere questo articolo. Mi sento troppo coinvolto perché, per proprietà transitiva (grazie a mio padre prima e mia sorella poi), so bene cosa significhi indossare una divisa. Quali e quanti siano le rinunce e i pericoli, e il rapporto inversamente proporzionale tra essi e le soddisfazioni (anche di natura economica).

Lo scrivo in apertura poiché chi non ha avuto l’opportunità di conoscere da vicino il mondo delle Forze dell’Ordine potrebbe essere portato a ritenerlo un lavoro come un altro, mentre invece si tratta di una vera e propria missione, a difesa della incolumità nostra e delle Istituzioni.

Ora, essendo intenzionato a condividere con voi una riflessione in merito alle reazioni che si sono scatenate all’uscita della notizia dell’uccisione del Vice Brigadiere dei carabinieri Mario Circiello Rega, credo che sia intellettualmente onesto comiciare dalla scena di un film, che la gara “a chi ce l’ha più duro” combattuta sul Web a suon di tweet mi ha subito portato alla mente. Si tratta della scena finale di Bianco, rosso e Verdone pellicola cult che Carlo Verdone chiude con un finale amaro che, a 38 anni di distanza (mi fa quasi impressione scriverlo), risulta ancora drammaticamente paradigmatica rispetto a uno dei difetti peggiori di noi italiani, ovvero la tendenza ad anteporre sempre l’interesse al particulare (cioè individuale) a quello comune.

La scena si svolge dentro a un seggio elettorale, dove Verdone accompagna sua nonna (interpretata dalla Sora Lella, al secolo Elena Fabrizi, ndr) a votare. I due sono legatissimi, ma arrivano dopo una discussione molto accesa. Una volta uscito dalla cabina elettorale Mimmo (che è il nome del personaggio interpretato in quella scena da Verdone) attende per alcuni minuti la nonna, che continuava a non uscire; a quel punto la tragica scoperta: la nonna non arrivava perché era morta.

Qui arriviamo alla parte della scena che, secondo me, rappresenta perfettamente il concetto in questione: mentre Verdone se ne sta in un angolo a piangere disperato la morte della sua nonna, gli addetti al seggio si accapigliano per decidere se il voto della signora deceduta fosse valido oppure no buttandola, ça va sans dire, in politica. Quindi in caciara. A quel punto, Verdone tenta di riportare tutti con i piedi per terra urlando «stateve zitti, quella era mia nonna, è morta sul serio!», ma per le altre persone in quella stanza era come se lui e sua nonna non esistessero.

Il film si chiude con lui che, sconvolto dal dolore e dall’indifferenza, lascia tutti a litigare e se ne va, piangendo a dirotto.

Ecco, con questa scena vi ho detto la mia sul tristissimo spettacolo a cui stiamo tutti ancora assistendo: «erano due extracomunitari», «visto? Sono americani!», la «sua morte è un pretesto per la propaganda contro i migranti». Non ho nemmeno voglia di citare i nomi, molto meglio fare mio l’urlo di Mimmo, anche se questi si meriterebbero gli insulti di Er Monnezza.

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è consulente di marketing strategico, keynote speaker e docente di branding e marketing digitale all’International Academy of Tourism and Hospitality. È stato inviato di «Vanity Fair» negli Stati Uniti per seguire Donald Trump, a Kiev per la campagna elettorale di Zelensky, collabora con diversi media ed è autore di 10 libri. Nel 2016, per promuovere la versione inglese de Il Predestinato ha inventato la sua finta candidatura alle primarie repubblicane sotto le mentite spoglie del protagonista del romanzo, il giovane Congressman Alex Anderson. Una case history di cui si sono occupati i principali network di tutto il mondo.

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