I paraocchi del fanatismo ideologico ci hanno portati fuoristrada diverse volte negli ultimi decenni, ma sembra che noi occidentali stiamo facendo con la Cina comunista lo stesso imperdonabile errore che commettemmo con l’Unione Sovietica: fidarci di una dittatura paranoica e spietata. «È chiaro», ha osservato il dissidente cinese Ma Jian, «che il virus del dominio totalitario di Xi minaccia la salute e le libertà non solo del popolo cinese, ma di tutti noi, ovunque siamo».
Questo con l’aggravante che sappiamo perfettamente che il regime comunista cinese non ha alcun riguardo per la vita umana, la libertà o la dignità: uccide i prigionieri per appropriarsi dei loro organi ed esegue “aborti forzati” per il “controllo della popolazione”. Eh già, lì non c’è solo un’epidemia di coronavirus ma anche di infanticidi. Secondo una ricerca di Harry Wu, un attivista cinese per la difesa dei diritti umani, «oggi ci sono dai sei agli otto milioni di detenuti che lavorano nei campi di rieducazione» della Cina.
Nel frattempo, il regime cinese, occultando la verità sul suo coronavirus, ha messo in pericolo non solo il suo stesso popolo, ma anche la comunità internazionale.
Il 3 gennaio arrestarono Li Wenliang, il medico che per primo lanciò un grido d’allarme sul virus che presto (il 7 febbraio) avrebbe ucciso anche lui. Il 30 dicembre inviò un avvertimento ai suoi colleghi del settore sanitario, ma la polizia lo minacciò dicendogli di smettere di «fare commenti falsi». Molti dei giornalisti che ebbero il coraggio di dire la verità sono stati arrestati o “fatti sparire”. I social network cinesi parlarono del virus settimane prima del governo, che tacque, lasciando al virus il vantaggio di tempo necessario perché potesse dilagare.
Fatti a fronte dei quali risulta tutt’altro che campata per aria l’ipotesi che l’Italia chieda un cospicuo risarcimento danni alla Cina, di cui per primi abbiamo parlato noi il 13 marzo: il governo di Pechino ha evidenti responsabilità oggettive e soggettive, che nei prossimi giorni approfondiremo su queste pagine sentendo il parere di esperti di diritto internazionale.
Nel frattempo il regime comunista cinese annuncia pomposamente la pubblicazione un libro in sei lingue sulla gestione dell’epidemia e sull’epica del presidente Xi, descritto come un «grande leader» che «ha a cuore il suo popolo», a dimostrazione di come stia cercando di sfruttare il coronavirus per rafforzare ulteriormente il suo potere e silenziare oltremodo il dissenso.
«Censura. Questa può avere conseguenze mortali», dichiarò il segretario di Stato americano Mike Pompeo il 25 febbraio. «Se la Cina avesse permesso ai propri giornalisti e al personale medico straniero di parlare e investigare liberamente, sia i funzionari cinesi che le altre nazioni sarebbero state molto più preparate ad affrontare la sfida». Sfortunatamente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fatto il contrario, “elogiando” la Cina per aver combattuto il virus, così come ha fatto l’Europa, Italia compresa.
Purtroppo, come dicevo all’inizio, nonostante i 21.157 casi ed i 1441 morti (dato del 14 marzo) e la conseguente paralisi dell’economia, molti politici e addetti all’informazione nostrani sono letteralmente genuflessi dinnanzi alle distorsioni della propaganda cinese che, dal canto suo, si guarda bene dal mostrare le immagini dei metodi effettivamente utilizzati per contrastare l’epidemia. Certo è che, anche grazie all’entusiasmo ebete o in malafede che riscontra alle nostre latitudini, Xi Jinping trova terreno fertile per indorare la pillola che in realtà contiene l’Opa ostile che egli intende lanciare sull’Italia e sul resto dell’Occidente.
Il 20 febbraio il noto storico Victor Davis Hanson scrisse che «il governo comunista cinese rappresenta sempre più una minaccia esistenziale non solo per i suoi 1,4 miliardi di cittadini ma per il mondo in generale».
D’altra parte la situazione è drammaticamente chiara: hanno causato il problema, con le buone e (soprattutto) le cattive ne stanno venendo fuori, ora il problema causato da loro è arrivato da noi ha già messo in ginocchio l’Europa – anche dal punto di vista politico, dimostrandone la totale inconsistenza – e sta per aggredire gli Stati Uniti nell’anno delle elezioni presidenziali. Insomma, stramazziamo al suolo proprio mentre la Cina si sta rialzando, pronta ad offrirci aiuto con una mano e a sferrarci il colpo di grazia con l’altra.
Se, anziché reagire, i nostri governi si piegheranno al volere di Xi, peraltro in cambio di un piatto di lenticchie, allora vorrà dire che saremo destinati a morire tutti cinesi. E gli diremo anche grazie.