Dopo tre anni di attività legislativa e discussioni fra partiti, la riforma dello Spid (Sistema Pubblico di identità digitale) è ancora ferma. I cambi di governo, le divisioni nella maggioranza e, ora anche l’emergenza virus hanno impedito di portare a compimento i cambiamenti annunciati.
La volontà espressa da Paola Pisano, ministro dell’Innovazione del Movimento 5 Stelle era quella di unire sotto il ministero dell’Interno, l’intera gestione del servizio. L’idea però ha visto la contrarietà di Partito democratico e di Italia Viva, critici soprattutto per i costi che avrebbe portato.
Tra le problematiche evidenziate il fatto che il servizio rimanga sì gratuito, ma con alcune limitazioni, per esempio non tutti i provider funzionano fuori dal territorio italiano e per il riconoscimento webcam bisognerà pagare.
CHE COS’È LO SPID
Per Spid si intende il Sistema pubblico di identità digitale per accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione e dei soggetti privati aderenti, come Insps e Inail. I lavori di attuazione sono iniziati nel 2013, su impulso dell’Agid (Agenzia per l’Italia digitale), con l’obiettivo di rendere più agile l’accesso ai servizi e evitare le code negli uffici.
Dal 2015 l’Agid si avvale di operatori come Info Cert, Aruba, Poste Italiane e Register.it per il rilascio dell’identità digitale (nome utente e password) a persone e imprese. Essi sono diventati operativi dal 2016.
Per funzionare ovviamente le Pubbliche amministrazioni debbono aderire allo Spid e, a oggi, diversi enti vi hanno già aderito. Ciò nonostante sono ancora pochi i cittadini che attualmente ne fanno uso. Gli ultimi numeri parlano di poco più di 5 milioni.
I PUNTI DELLA RIFORMA
Con l’insediamento di Paola Pisano al ministero dell’Innovazione, il M5S ha spinto per una “statalizzazione” dello Spid, con l’idea di tagliare fuori gli attuali operatori e di affidare l’intera gestione al Ministero dell’Interno. Lo scorso novembre la ministra aveva dichiarato che «l’identità dovrà essere unica ed erogata gratuitamente dallo Stato, e non più dagli Identity provider, a chi ottiene la carta d’identità elettronica». In questo modo il Viminale sarebbe stato figravato di un’altra responsabilità, dato che è già responsabile della nuova Carta d’identità.
La proposta però ha trovato il disaccordo di Italia Viva e di alcuni parlamentari del Pd.
Le contestazioni riguardano soprattutto i costi legati a una gestione centralizzata. Non solo quelli correnti, ma anche quelli legati alle penali con i provider (alcuni sono sotto contratto fino al 2022). Così dopo aver ritirato l’emendamento dal decreto di Milleproroghe, la riforma è ancora in sospeso.
LO SPID OGGI
L’emergenza coronavirus ha, poi, stoppato ulteriormente la riforma e gli effetti si possono notare. Innanzitutto, è stato posticipato l’accesso tramite Spid a Cliclavoro, il portale dei servizi online e delle informazioni sulle tematiche lavorative del Ministero del Welfare.
Alcune amministrazioni comunali stanno operando autonomamente per sopperire a queste mancanze. L’ultima è stata Vicenza che, lo scorso 14 marzo, ha annunciato che chiunque da casa potrà registrarsi e accedere ai 62 servizi rivolti a cittadini e imprese. Così, nonostante ogni sforza, ancora una volta manca una condizione uguale per tutta Italia.
Certo l’emergenza non ha aiutato, ma nei mesi procedenti si poteva fare molto, ma molto di più.