Nella giornata di ieri sono circolati decine di messaggi con immagini simbolo della Domenica delle Palme e la prevalenza vedeva come protagonista la colomba bianca con tralcio d’ulivo, a conferma di quanto già scritto. Ma come dicevano l’ulivo è simbolo di pace e prosperità, anche collegato alle tradizioni rurali laddove i contadini, con le Croci di Maggio, propiziavano un abbondante raccolto, applicando sulle stesse un ramoscello d’ulivo unito alla “palma di San Pietro” ( che era un giglio bianco e non una palma ).
Sempre nelle funzioni religiose, l’ulivo viene bruciato per essere utilizzato come ceneri nel mercoledì dopo Carnevale. E’ interessante anche il simbolismo rinascimentale che individua nell’ulivo il dono della Mansuetudine ma anche della Misericordia, della Carità, dell’Aiuto, della Fama Buona e dell’Unione Civile. L’ulivo racchiude in sé il meglio dei buoni pensieri e delle qualità: la sapienza, la rigenerazione, la pace, la prosperità, la castità e la Luce divina. Il tradizionale ramoscello d’ulivo ben rappresenta, quindi, il rito della Domenica delle Palme e se ne comprende il diffuso utilizzo in tutta Italia. Ieri, però, nella commovente messa del Papa dalla silenziosa San Pietro, si è visto arrivare, i pochi partecipanti, portando con loro lunghi rami intrecciati di una palma dal colore giallo chiaro.
Papa Gregorio Magno scriveva che < La Croce del Cristo, il cui tronco sembra rigido e aspro, dona tuttavia dolcissimi frutti quale nutrimento per la sua salvezza, sicché lo Spirito dice nel Cantico dei Cantici: “Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri” >. Così la palma è diventata simbolo di Cristo, primo Martire e primo Testimone delle fede.
Il binomio tra palma e Cristo, che vince la morte, viene ulteriormente rafforzato dalla Fenice, che spesso compare posizionata, con il capo raggiante, su quest’albero, a simbolo della rinascita. Ma facendo un ulteriore collegamento, così da stimolare la mente a rimanere vispa, vi ricordo che i greci chiamavano la palma phoenix, che già solo la lettura testuale del nome richiama il suono della parola Fenice, il grande e magico uccello alato che, arso nel nido, risorge dalle ceneri, sempre. Anche Plinio riferiva che nel Basso Egitto, a Cora, cresceva una palma che moriva e rinasceva spontaneamente insieme con la Fenice.
Gli Egizi associavano la palma da datteri alla dea Hathor, quella divinità, per capirci, che veniva raffigurata con il capo sormontato dalle corna, a simboleggiare la mucca sacra. Era una divinità molto venerata dagli egiziani in quanto protettrice dell’amore, della musica e della danza. Non ne voglia a male il mio caro eccellente professore di latino e di greco nonché esperto egittologo della sommarietà di quanto poc’anzi scritto su Hathor ma dobbiamo concentraci, per oggi, su altro argomento!
La palma era anche, per le sue tipiche foglie a raggiera, simbolo del sole e della luminosità, poi collegato ad Apollo, dio del sole. Ma anche i Romani legavano a questa pianta l’immortalità, la vittoria (dea Palmaris) e la gloria. Addirittura Ovidio racconta che Rea Silva prima di partorire Romolo e Remo li ebbe in sogno come palme dal “portentoso aspetto”, richiamando così nella fondazione di Roma il simbolo della vittoria palmata. Ma i simbolismi della palma si rincorrono in tutte le nazioni del Mondo: in India vi è la palma magica, che collega la Terra al Cielo, che di giorno è visibile ma la notte scompare.
Anche l’architettura richiama la palma nelle colonne dei templi dell’antica Grecia poi riproposte anche nelle chiese cristiane. Ma veniamo ora a una tenera leggenda che collega la palma a Gesù da bambino, quando la Madonna chiese a Giuseppe di fermarsi per avere ristoro all’ombra di una palma e vedendola carica di datteri gli chiese di poterne avere qualcuno. Giuseppe, contrariato da questa richiesta visto l’altezza della palma e preoccupato, invece, della penuria di acqua, le rispose che era impossibile. Allora Gesù Bambino, che era in grembo alla Madonna, ordinò alla palma di abbassarsi e di concedere i frutti a sua madre, poi le disse che sarebbe diventata compagna degli alberi che sono “nel paradiso del Padre”. Accontentò anche Giuseppe, facendo defluire dalle radici della palma una fonte di acqua pura.
Ma anche nell’Antico Testamento il riferimento alla palma è presente riferendosi ai “giusti”, anticipando così la presenza dei futuri discepoli di Gesù: “il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano” ( Salmo 91 ). Ci sarebbe ancora tanto da scrivere e raccontare ma, fermandoci per ora qui, possiamo dire che la palma simboleggia la rinascita e la vittoria sulla morte e nel tramandarsi della storia è certamente, insieme con l’ulivo, il simbolo prediletto delle festività pasquali.